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Booster

Oggi pomeriggio ero stanca, china sul computer, sull’ennesima parola, virgola, titolo, catenaccio, didascalia….del tipo basta lettere, frasi, pensieri, virgolette. Poi un mio collega è entrato in ufficio e mi ha detto “ti voglio bene, per tutto quello che fai”. Avete presente il booster? Ecco. All’improvviso è uscito il sole e le energie sono tornate.
Ricordate sempre di pronunciare una buona parola a chi vi sta accanto. Di dare giusto merito, anche per le piccole azioni routinarie. Di non considerare scontato il lavoro degli altri. Di essere gentili, sorridenti, pazienti. Anche se siete stanchi e non ne potete più.
Gli altri meritano i nostri sorrisi, non i nostri musi lunghi. Sempre ❤️

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Yes!

E poi un giorno ho deciso che avrei dovuto essere più seria. Che insomma ero diventata una donna matura, una professionista, basta post palestra tacco coscia, mostriamo che oltre alle gambe c’è di più. Che poi c’è sempre stato, ma hai social piacciono di più tette e culo del cervello e già lo sappiamo. Così ho messo un un cassetto Lacolli, sono diventata prima mora e poi ho tagliato i capelli, ho cercato di fare politica con esiti disastrosi, poi di avere un ruolo influente in un ambito comunicativo serio, anche qui con esiti non certo brillanti. Alla fine mi sono guardata allo specchio, stravolta da ore, giorni, mesi di lavoro, da notti di ansia, da pianti inconsolabili, e mi sono detta “ma cosa stai facendo?” Non ho detto “cosa”, ma questo lo sapete già. E ho capito che non si può essere altro da sè stessi, che il mio cervello, piccolo o grande che sia, sta benissimo sui miei tacchi e anche con un bilanciere in mano, che non sono nata per essere incasellata in un ruolo e che non lo sarò mai. Che continuerò a essere ferita dalle parole e per questo non saprò mai usarle per ferire, e che quindi un certo stile proprio non fa per me. Sono tornata bionda e riccia, perché io sono così, ho messo da parte una serietà che non mi si addice e accettato tutte le sconfitte di questi due anni. Che butterebbero a terra chiunque. Ma io ho i miei tacchi, dodici e più centimetri di varie ed eventuali contro le menate della vita quotidiana che risolvono sempre. E bene così!

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Sciare

Aggancio gli scarponi agli attacchi, spingo con le racchette e inizio a vivere di nuovo. Se potessi racchiudere la mia essenza in uno scatto sarebbe quello in tenuta da sci, circondata dalle montagne, tra neve e cielo. Lo sci è per me libertà, contatto con la natura, unione con l’infinito. Mentre scendo lungo la pista canto, rido, prego, sì prego, perchè in quel momento mi sento anima pura. E negli anni la passione invernale per la montagna ha accresciuto anche quella estiva per i sentieri, le scalate, i rifugi, la pienezza dei paesaggi lassù, dove i rumori si annullano, il cellulare non prende, la vita assume il suo senso più profondo. Sciare è per me annegare nell’infinito, cullata dal ritmo delle curve e coccolata dal suono unico delle lamine che solcano la neve.

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Palestra

Torno sull’argomento palestra perché per l’ennesima volta la solita domanda “Ma quante volte vai? Ma ancora?” Idem alla mia mamma “Ma tua figlia vive in palestra?”.
E allora chiariamo.
Non vivo in palestra, purtroppo. Anche se mi piacerebbe un sacco avere il tempo di trascorrere ore tra pesi, bilancieri, attrezzi.
Vado dal lunedì al venerdì, prima del lavoro, un’oretta. È per me terapeutico, si, e mi ha evitato di impazzire nell’anno appena trascorso. Questo perché l’allenamento mi regala endorfine, mi permette di scaricare tensioni, di dedicare un’ora tutta a me senza rotture. Quelle iniziano di solito verso le 9 del mattino e proseguono fino alle 21, duemila messaggi, innumerevoli telefonate, così tante menate da non poterne più. Ma io ho il lento rilascio della palestra e di solito per buona parte della giornata riesco ad essere carina, gentile e sorridente con tutti. E non è poco.
Non mi alleno per dimagrire ma per stare bene. Infatti sono cresciuta di peso, muscolo, ciccia, carne, chissene. Sono diventata più forte e solo questo importa.
Posto foto e video perché mi piace un sacco allenarmi e quando una cosa piace di solito vogliamo farla vedere, giusto?
Tutto qui.
Sono un’inguaribile malata di palestra, questa è la risposta a tutte le domande.
E comunque, buona palestra a tutti 😉

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Diventare grande

Diventare grande non è mai facile. Ci sono scelte da prendere, rinunce da mettere in conto, imprevisti, occasioni, problemi e opportunità. Aggiungi anche la ricerca di se stessi, la tendenza a scavare in fondo ogni dettaglio e la difficoltà ad accettarsi per come si è. Dall’adolescenza alla maturità, un viaggio non facile eppure meraviglioso, come solo la vita può essere. A condizione di crederci, sempre e comunque. Trentuno anni tra una foto e l’altra. In mezzo sempre e solo io, complicata, irrisolta, ribelle, testarda.
Ps il giorno dello scatto di sinistra ho deciso che io, quelle braccia, non le volevo più. Erano per me il simbolo di un male profondo che era passato e che avevo giurato non sarebbe più tornato. Quel giorno ho varcato la soglia della palestra (la stessa che frequento ora…) e trovato la mia terapia. E sono ancora qui. Per cui non chiedetemi perché mi alleno. Perché sì. Punto.

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Disconnessi, almeno a Natale

Siamo arrivati alla vigilia. Il cellulare suona ogni due minuti, portando i messaggi fotocopia di auguri da persone di cui non ricordi neanche la faccia. Rispondi per cortesia, anche se odi questa pratica. Io non mando auguri in massa, ma pochi e personalizzati, e se appena posso di persona o con una telefonata. Per il resto, almeno per Natale, lasciate il cellulare spento. Mettetelo in un angolo e dedicatevi ai vostri cari. Ascoltate quello che vi dicono, senza come al solito fissare nel frattempo quel dannato schermo. Per il nuovo anno, cercare di farlo sempre più spesso. Spegnere il telefono, intendo, o metterlo in tasca silenzioso, senza dargli retta per un po’. I social, i messaggi, questo continuo verificare di essere iperconnessi ci stanno portando via il tempo e la mente. Quante ore perdiamo scrollando e guardando stupidate? Non sarebbe meglio leggere un libro o impegnarci in una attività? Ma ve la ricordate la vita senza social? Io sì e, dai, non si stava così male. Buone feste miei cari

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Babbo Natale

Oggi ho visto tanti Babbi Natale in giro per la città ed è stato bellissimo. Questa festa è davvero magica e i sorrisi dei bambini sanno annullare tanti pensieri bui che affollano le menti di noi adulti. Guardando però il tripudio di barbe bianche, cappelli rossi e abiti d’ordinanza, mi sarebbe piaciuto essere nella testa di uno di quei bambini. Mi spiego. Quando ero piccola io, parliamo degli anni ’70, non credevo al fatto che Babbo Natale portasse i doni, perchè per me a farlo era Gesù Bambino. La mamma mi aveva raccontato così e io ci credevo tantissimo. La sera della vigilia ero sempre agitatissima e la mattina del Natale era davvero il momento più bello dell’anno: c’era l’albero, il presepe, i regali, la felicità. Ricordo perfettamente la delusione totale quando a otto anni mia mamma mi disse che i regali li metteva lei sotto l’albero e non un Gesù bambino mezzo nudo come credevo io. “Lo sapevo già”, le risposi in quella mattina di gennaio, per poi correre in camera con il magone. Non lo sapevo, ma in fondo era solo il primo dei tanti sogni che si infrangevano per me, che ho fatto delle illusioni e delle utopie la base della mia vita. Negli anni, Gesù bambino è passato di moda e adesso tutti aspettano il babbo. Solo che, e qui viene la mia domanda, se di babbi ce ne sono migliaia ovunque, come faccio a sapere quale è quello vero? E visto che oggi i bambini usano gli smartphone a tre anni, cosa rimane della illusione e della magia del Natale? La mia è una domanda seria, senza velleità polemiche, prima che qualche leone da tastiera pensi che voglio criticare chicchesia. Ripeto, a me è piaciuta un sacco l’atmosfera di oggi, ma io ho quasi 50 anni e a Babbo Natale purtroppo non credo più anche se mi piacerebbe. Ma i nostri bimbi? Come la vedono sta cosa?

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Lasciatemi sbagliare

Viviamo in una società che non ammette l’errore, il fallimento. Lo sbaglio viene registrato e memorizzato, grazie anche alla cultura dei social, in cui tutto viene sbandierato. E, spesso, non c’è spazio per una seconda possibilità.
Eppure l’errore è lo strumento più forte di crescita. Solo sbagliando, solo cadendo, possiamo superare i nostri limiti e creare qualche cosa di nuovo. L’errore è creatività, l’errore è stimolo, l’errore è banalmente umano.
Mille volte cadrete, mille volte vi rialzerete più forti. Purchè accettiate che siete fallibili e che lo sono anche gli altri, cosa che sembra inaccettabile ai più.
Il successo si ottiene sbagliando, non certo crogiolandosi nella propria presunta perfezione. Buttatevi e osate!