Festeggio il compleanno. Da sola, per vari motivi. Tutti necessari e inevitabili, ovviamente. Non soffio le candeline, neanche una, neanche la fiamma dell’accendino. Non esprimo desideri, quindi. Nessuno. Neppure che mi crescano le tette. Che ci crederete o no, io ci spero sempre, di svegliarmi una mattina con una bella terza. E non parlatemi di plastica, che con la fortuna della Colli, come minimo ne mettono una di una taglia e una di un’altra, oppure mi casca mentre sono sul tappeto in palestra, che poi devi raccoglierla come fosse una palla da bowling. Ma si dai, stanno in una coppa da champagne..no le mie stanno comode in un bicchierino da sakè di un cinese tirchio. E tant’è. Meno male che c’è il super mega extra push up, un po’ avvilente negli incontri ravvicinati, che tocca tocca sembra la ricerca dell’arca perduta, ma qui il tesoro non c’è. È come se tu uscissi con uno con il parrucchino, e sul più bello ti rimane il ciuffo da rockstar tra le mani. E dai, non si può sopportare. Nessun desiderio quindi. E come per magia le cose iniziano ad andarti bene. Una serie di colpi di fortuna che non ti spieghi. In ogni ambito. I quindici giorni più straordinari della mia vita. Non ho vinto al Superenalotto, ma ho vinto nei sentimenti, nel lavoro, nelle piccole azioni quotidiane. E a chi mi dice sempre di non dire che sono felice, che porta male, rispondo con questo post, che lo sono, che se deve andare male andrà lo stesso, ma adesso, forse per la prima volta in tanto tempo, mi sento forte e sicura. Anche se non ho le tette. Anche se sono più vecchia di quindici giorni fa. Anche se le sfide sono sempre tante e le ferite del passato bruciano sempre. Ma oggi so che Forrest Gump aveva ragione, che la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita. E a me, per questa Pasqua, è capitato un piccolo uovo fondente della Lindt, intenso e con un retrogusto che sa di magia…
Domenica
Domenica pomeriggio libera. Senza figli nè marito. Che quando l’hai saputo ti è preso il panico perché quasi non sapevi che fare. Si perché quando sei abituata a vivere in minoranza in una casa di uomini che conoscono solo due parole, mamma e Cristina, tutta questa libertà non la sai mica gestire. E così parti con la fantasia, come se avessi un mese da sola, non sei o sette ore, la beauty farm, lo shopping, l’happy hour, tutto in inglese perché fa più single. Alla fine decidi di andare a teatro. A vedere il tuo amico pianista. Al ritorno pizza con le amiche. E vai! Partenza in treno nel primissimo pomeriggio. Il primo sole primaverile è caldissimo. Cominci a pensare che il vestitino di lana nero che ti sembrava tanto trendy e gli anfibi, neri pure loro, siano stati una pessima idea. In metro guardi con sufficienza le ragazzine che salgono con shorts e canotta, esagerate, e quelli con le maniche corte. I soliti, che ai primi caldi, mettono le infradito. Che sto stile spiaggia metropolitano mica ti piace, mah. Scendi a San Babila, due del pomeriggio, giornata tersa. Lo stile spiaggia metropolitano comincia a piacerti, molto meno il tuo vestitino nero che attira i raggi del sole come uno specchio abbronzante. Li ricordate? I mega specchi abbronzanti, spalmatona di Lancaster che già sembravi nero, occhialini che ora trovi solo nei solarium ed eritema solare serale garantito? Va bè, non divaghiamo. Via Montenapoleone, non guardi una vetrina, hai fretta di arrivare a teatro, un po’ di fresco, magari. Entri, il bar è già chiuso, lo spettacolo sta per iniziare, la sala è gremita, ovviamente ad aprile niente aria condizionata. Asmòra. Ma lo spettacolo è divertentissimo, ridi un’ora e mezza, e alla fine non hai più una goccia di acqua in corpo. Per fortuna l’amico pianista ti propone un aperitivo. Mezz’ora per arrivare al bar. A piedi. Nel parco. Tra gente in pantaloncini e maglietta, tu che sembri lo iettatore di “Avanti un altro”. Arriviamo. Ordiniamo, due Spritz. Non ci pensi, ti fai una media di Spritz come se fosse acqua del rubinetto. In cinque minuti, a stomaco vuoto. Tu che riesci ad essere brilla con un crodino. A quel punto il caldo non lo senti più, in compenso quando ti alzi ti chiedi se riuscirai a raggiungere la stazione. Da sola. In metro hai dei dubbi, scendi prima e ti fai una mezzoretta a piedi. Funziona. Smaltisci. E a questo punto, arrivata in stazione, capisci che i programmi per la seratina single verranno spazzati via da Trenord. Ritardo, mezz’ora. Binario pieno di gente che sembra la Pentecoste, tutte le lingue tranne la tua. O comunque una che tu capisca. Quando finalmente il treno arriva, hai già telefonato alle amiche, pizza rimandata, hai voglia solo di una doccia. Viaggio di un’ora seduta vicino a tre ragazzini che ballano e cantano a squarciagola Eminem e a un paio di signore rumene che mangiano e sputano. Noblesse oblige. Forse non avresti dovuto fare la passeggiata, forse con lo Spritz in corpo avresti retto meglio anche questo viaggio interminabile. Scendi a Mortara e sei felice, ed è tutto dire. Arrivi a casa e ci sono loro, mamma?!, Cristina?!…oh, adesso si che ti senti libera!
San Cassiano
Perché lacolli é anche questo…
É notizia di questi giorni la proposta del ministro dei beni culturali e turismo Dario Franceschini per una “convenzione tipo” sul modello di quella firmata dallo Stato per gli scavi di Ercolano con l’americano David W. Packard, in modo da coinvolgere i privati nella cura e nella salvaguardia del patrimonio artistico italiano. “Sfiderò gli imprenditori perché adottino un monumento” queste le parole del ministro. A Mortara è già successo. Da tempo. In una piazzetta del centro, peraltro uno dei luoghi più antichi della nostra città, un edificio dalla storia millenaria, in evidente stato di abbandono, è stato restaurato, riaperto e fatto rivivere dal coraggio di un privato. E non di uno straniero, o di un imprenditore dai grandi pacchetti azionari, come il Della Valle del Colosseo, che vede in queste operazioni un chiaro ritorno pubblicitario. Ma da un mortarese, piuttosto schivo peraltro, che ha deciso, per il solo desiderio di fare un dono alla propria città e alla propria famiglia, di ristrutturare una vecchia chiesa sconsacrata, così piena di ricordi per molti di noi. Si perché l’edificio di cui parliamo è San Cassiano, nell’omonima piazzetta, sede per un secolo della Società Ginnastica La Costanza, dove molti di noi hanno imparato a fare le capriole, a salire la pertica, ad ammirare l’Andrea Massucchi (e l’articolo non è un lombardismo, ma l’onore dovuto ad un atleta che merita di essere ricordato come IL ginnasta di Mortara). Ecco, questo edificio, dopo la costruzione del Palamassucchi, stava cadendo a pezzi. A Pierangelo Colli questo non andava bene. Aveva acquistato la chiesa proprio per cooperare nella raccolta fondi per costruire il nuovo palazzetto della ginnastica e adesso il tetto di San Cassiano faceva acqua da tutte le parti. E non solo. E a lui, per chi lo conosce, le cose fatte a metà non piacciono, i sospesi neanche, figuriamoci una navata piena di piccioni e di calcinacci. E così si è buttato in questa impresa. Nessun aiuto dallo Stato, tanti vincoli dalla soprintendenza. E dopo anni, nel 2010 ha consegnato a Mortara la sala di San Cassiano che abbiamo cominciato ad apprezzare nel tempo per i concerti, le mostre, le degustazioni. Si perché oltre ad averla restaurata, con la sua famiglia, si impegna a farla vivere. Quotidianamente. Ma ancora non era soddisfatto. Restava lo stralcio di un affresco nell’abside, un volto che lo guardava ogni volta, che lo sfidava, come a dire “non vuoi vedere cosa c’è sotto?”. Ma restaurare un affresco voleva dire ancora un volta investire “a vuoto”, senza ritorno economico, c’era l’avere ma non il dare. Ma c’era un dare spirituale che toglieva il sonno e che alla fine lo ha convinto. Mesi di restauro sotto la supervisione dell’architetto Paolo Savio e della Dr.ssa Strada della Soprintendenza alle Belle Arti, il lavoro perfetto delle restauratrici del Laboratorio C.R.D. di Lazzate e un meraviglioso affresco del 1500 ha rivisto la luce. Adesso si che le cose sono state fatte per bene. E sabato 12 aprile, alle ore 10.30, gli affreschi, con la loro storia, le loro caratteristiche e i collegamenti con le altre opere del territorio verrano presentati a San Cassiano. Essere presenti è un obbligo. Perché nel nostro piccolo, a Mortara, abbiamo vinto la sfida lanciata dal ministro Franceschini.