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21 giugno

Estate. Di nuovo. Con le giornate lunghe e le albe luminose che mi buttano giù dal letto che in realtà è ancora notte, perché quando imparerò a tirare bene giù le tapparelle sarà davvero troppo tardi. E così ti svegli con quel raggio di luce poetico che ti colpisce gli occhi, e un po’ ti senti come il Giovin Signore del Parini, peccato che per lui fosse mezzogiorno, per te le cinque e non è un piacere. E ti giri e ti rigiri, a quel punto tanto vale accoglierla questa estate, il giorno più lungo, alla finestra, con il sole che sorge dietro al condominio di fronte e solo tu con la tua fantasia pensi di essere un druido a Stonehenge e vedi la poesia in un’alba Lomellina di una domenica mattina davvero troppo assonnata per essere goduta a fondo. Estate. Di nuovo. Mare salsedine sabbia e la sensazione del corpo che si risveglia. Del sole che penetra così in fondo e scalda anche gli angoli più freddi, e ti scaldi così tanto che al solito ti scotti, perché sei quella che annulla in due giorni mesi di antirughe e trattamento viso, che altroché protezione adeguata, acceleratore che se non sono nera nera non è estate. Fa niente se dopo una settimana sarò come un rettile del Sud America, e se il naso sarà spellato fino a settembre, e se la ruga sulla fronte sarà sempre più profonda. In fondo in quella ruga c’é la bellezza di tutte le estati passate, degli occhi strizzati a fissare il cielo assolato, delle ore a leggere mentre il mare risacca la sua melodia, dei mille pensieri che l’estate porta con sè, leggeri e azzurri come il colore del mondo. Estate. Di nuovo. Sulle note di un concerto rock, che è quello di uno stadio che ondeggia di mille luci, ma anche quello del mio cuore, che non sa battere al ritmo barocco di uno spartito vivaldiano, ma risuona sempre come i piatti della batteria di Will Hunt, e non sempre è facile ballarci a ritmo. Estate. Di nuovo. Benvenuta…  

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Tempo

Un po’ che non scrivi mamma, mi fa notare il Lorenzino. Si un po’. Perché non si scrive a comando, perché ci vuole un motivo, un’idea, una situazione. A volte se ne hanno talmente troppe che il cervello non riesce a rielaborarle. O talmente poche e banali che condividerle in fondo non avrebbe senso. Che la banalità è davvero stucchevole, come l’ovvietà e le frasi sul tempo atmosferico. Meglio il silenzio. Il caro trascurato sminuito silenzio. A meno che non siate zen, bio, yoga, insomma una di quelle parole corte che vanno tanto di moda. Chissà perché non mi sono mai piaciute le parole corte, o le troncature, e adesso invece si parla di pale, ape, we, e chi più ne ha più ne metta. Brevi e rapide come il tempo che abbiamo da dedicare agli altri. Il tempo di una spunta su whatsapp, anzi wa, di un messaggio, msg, in cui autoreferenzialitá é un obbligo, talvolta chiosato da un “e tu tt ok?” che sa tanto a me di telochiedomanonmenefregauntubo. A me chissà perché piacciono le parole lunghe, le telefonate, le lettere, per intenderci non abc, ma le lettere con carta e penna oppure anche le buone vecchie mail. Ascoltare, anche, sapete quella cosa che si fa quando qualcuno ti racconta una cosa e cerca un confronto, ecco ascoltare, per lui, per lei, senza mettere subito se stessi al centro. Ma per questo ci vuole tempo, e quello manca sempre a tutti. O almeno così dicono. Secondo me manca un’altra cosa. La voglia, di ascoltare, di dare agli altri, di “perdere” un po’ di questo preziosissimo tempo per un altro, solo perché a questo fa piacere. Ma lo so lo so, se fa piacere agli altri a me cosa torna? Gratis non si fa niente, siamo la società dei consumi e siamo pure in crisi, ci mancherebbe. Figuriamoci pensare a cosa possa far piacere agli altri e magari a noi costa fatica e tempo, perché sbattersi? Tanto poi mando un messaggino con bacino e cuoricino ed è lo stesso, funziona così. Bè si avvisano i lettori che le faccine gialle di whatsapp sono davvero carine ma piuttosto itteriche in onestà, e che il tunnel carpale della chat preferirebbe essere sostituito dalla bocca secca per le chiacchiere, a cui si potrebbe ovviare con una buona birra insieme, o anche per quella ci vuole troppo tempo?