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Colli

Venerdì pomeriggio. Pulizie informatiche. Foto, file, appunti. Fai ordine ed elimini, selezioni, rileggi, rivivi. Che anche il pc ha bisogno del suo cambio di stagione ogni tanto. E ritrovi questa. Di qualche anno fa. Due Colli al prezzo di uno, ingessati in un sorriso finto per una situazione di circostanza. Che già le foto non ci piacciono, queste in posa poi le evitiamo come la peste. La guardi e per la prima volta dopo 41 anni ti accorgi di quanto gli assomigli. Pure fisicamente. Che la testa dura e il carattere non propriamente easy sai già da tempo che è di origine patriarcale. Ma di aspetto no dai. A chi te lo diceva, sorridevi e intanto pensavi ma io non ho il naso così, e neanche i baffi (vado una volta al mese a cerettarli si sa mai), e il viso è diverso…e invece la genetica non mente. Eccoli qui, Il Colli, Lacolli. Scintille ogni volta perchè siamo fuoco che non sopisce mai. Troppo uguali per accordarsi, è un rock sempre duro il nostro, ma di quelli sublimi, che ti danno una carica senza fine. Sì, ti assomiglio, ed è il mio vanto più grande.

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Dettagli

Questione di dettagli. Tutta la vita intendo. Ci innamoriamo di qualcuno per un dettaglio, un sorriso, il tono della voce, il modo in cui cammina, come ti sposta il ricciolo che ti cade sulla fronte, le scarpe che indossa. E quando l’amore finisce lo capisci dalle piccole cose. Ti infastidisce come gira le pagine del giornale, come si pettina, come apre il rubinetto o pela una mela. E così via in ogni ambito della vita. Un viaggio ci resta dentro per un tramonto, un sapore, un viso, un odore, una risata inaspettata. Quella cena la ricordi per la noiosità del tizio seduto accanto, che indossava pure una cravatta orribile, o per il cameriere che aveva uno strano tic nel servire le portate. Il profumo dei tuoi figli, il sudore di una giornata, il rumore dei suoi passi. Dettagli piccoli insignificanti rapidi. Come il tacco giusto sotto un paio di jeans sdruciti e una vecchia maglietta vinta non sai a che pesca di beneficienza. E sei figa come se vestissi Dior. Dettagli. Nei cassetti della memoria. Di colori diversi. Tanti dettagli a fare una vita. Che però, per inciso, un dettaglio non è….

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Laude

“Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione..” Maggio. Il sole, finalmente. Fuori e dentro. E se ti svegli con il cantico in testa o ti sei fatta qualcosa di veramente forte la sera prima oppure oggi ne vale la pena. Vivere. Ridere. Cantare.Perchè la pioggia è affascinante, la nebbia misteriosa, le nuvole meditabonde. Ma il sole, il sole riesce ad alleviare ogni dolore, esalta le gioie, minimizza le paure, riconcilia e dà la carica. E allora musica a palla, finestre aperte, che la vita entri e tutti i pensieri della notte si sciolgano ai suoi raggi ancora timidi.

 

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Le notti di maggio

Un sera di maggio di due anni fa. La baia illuminata dalla luna. Il vento che puntuale si alza verso le nove e mezzo e increspa debolmente il mare. La superficie dell’acqua tremola delle luci riflesse, argentea e ipnotica. Seduta, i piedi nella sabbia fredda, le gambe abbracciate da un maglione troppo corto per allontanare la pelle d’oca. Ma i brividi ci sarebbero lo stesso. La risacca è una musica che non ha eguali e diventa un messaggio da inviare a chi come te ha nel cuore il mare. Tutto intorno silenzio. E questa canzone si fa largo nella tua anima….se in questa notte di maggio io ti penso ad ascoltare certe piccole voci che a volte vanno al cuore, in questi momenti con l’aria che si muove…che questi sono i momenti per cui vale davvero la pena vivere.https://youtu.be/JzSWgHZyCTE

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Sbandamenti

Arrivi ai 40 anni di corsa. Come un Freccia Rossa al meglio delle sue prestazioni. La fame di vita ti spinge ad un volli volli fortissimamente volli che il più delle volte non ti fa vivere il presente nella elaborazione già di un progetto futuro. Laurea in tre anni, che quattro sono troppi, non perdiamo tempo. E poi lavoro, anzi lavori, afferri tutte le possibilità che ogni lasciata è persa. Adolescenza poca, serate poche, divertimenti e sballi pochi, nel treno della vita che stai costruendo è un dettaglio che non ti interessa. Prima dei trenta ci sono già famiglia, figli, lavoro, e le responsabilità che con orgoglio porti avanti. Senza mai fermarti. Perché quando ti chiedi chi sei, la risposta é sempre fuori di te. Sono la mamma di, la moglie di, la figlia di, lavoro lì. Insicura, insicurissima. E la sicurezza la cerchi nei risultati della tua quotidianità, che sono tanti, anche se ti costano tanta fatica e la sera crolli sul divano. A corollario, il tuo corpo. Una macchina che deve essere perfetta. Perché questo pure ti da sicurezza. Poi passano gli anni, e piano piano senti di non dover più dimostrare nulla a nessuno. Che poi non lo hai mai dovuto fare, ma tu credevi così. I figli quasi grandi, più tempo per te, per lui, per quello che ti piace davvero. Più tempo per pensare. E piano piano la consapevolezza di quello che sei. La voglia di vedere il mondo lasciato fuori. Tutto comincia ad andarti stretto, il mondo che hai voluto non basta più. E qui si sbanda. Sbandiamo tutte, se non lo abbiamo fatto prima. Dobbiamo sbandare, per capire cosa siamo finalmente e cosa vogliamo in questa vita che inizia di nuovo. Dopo i quaranta. Coi ragazzi adolescenti. E facciamo l’errore di credere che si possa tornare ai venti. Ma neanche. E i quaranta non sono meglio dei venti. No no. Se non li hai vissuti, peggio per te, non tornano più. E sbattiamo il naso in serate senza senso, in voglia di fare la ragazzina, in sete di esperienze che ci danno adrenalina e ci rilasciano poi come un pallone sgonfiato. Eppure ci vogliono. Che se siamo fortunate, quello che resta dopo, al netto delle sbronze e delle figuracce, è il coraggio di guardarci allo specchio. Con le nostre rughe. Con i primi capelli bianchi. Con il culo che sente la gravità. Ma con degli occhi che una volta non avevamo. Con una forza nuova. Fiere di essere finalmente. Essere e basta. Non in relazione a qualcosa ma per noi stesse. Padrone della nostra vita. Liberamente felici delle nostre scelte. E sì, adesso sì, bellissime sui nostri spudorati tacchi 12.

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Süc e melòn

Oggi avevo in programma zucca al forno. Ne ho comperata una metá di corsa al supermercato. Metà perché la mangio solo io, gli altri ne schifano la dolcezza che invece a me piace tanto. Così oggi, visto che ero sola soletta, avevo in programma quel contorno. Con hamburger di soia. Sì, lo so, giratevi a vomitare, anche a me succedeva. Poi, essendomi vietati i latticini, ho fatto buono anche quello pur di variare un po’. Anche qui, solo io, perché se al capitano e ai due pargoli propino l’hamburger di soia con la zucca, scatta un ammutinamento che in men che non si dico mi ritrovo con soia zucca piatto creme e cremine sul pianerottolo. Comunque alle sette di stamattina menù definito, nel dubbio ho pure tirato fuori la mezza zucca dal frigo, già pronta per essere preparata. Al momento fatidico, la tolgo dalla plastica, con un coltello tagliente tiro via la scorza, con attenzione e precisione, poi passo a levare i semi centrali. Ecco, in quel momento, dopo che questa benedetta zucca era stata nelle mie mani al super, sul rullo cassa, nel sacchetto, fuori dal sacchetto, nel frigo, sul lavello, dopo che l’avevo guardata e riguardata, ecco, in quel momento, mi sono accorta che era un melone. Già con il forno acceso. E la teglia a fianco. Sconforto totale. I miei 40 anni sono diventati 80 con tanto di demenza senile. Ma è stato un attimo. Ho ringraziato di essere in casa da sola, se no vi lascio immaginare i commenti, ho spento il forno, anche se mi sarei messa dentro per vedere se i neuroni al caldo si riprendevano, ho guardato il mio melone. E sì, ne avevo proprio voglia. Sa di estate e fa bene all’abbronzatura. Ma guarda un po’, meglio della zucca. Che in effetti halloween è passato da mo’. Come contorno all’hamburger mi sa di no, che così non ci riesco neanche io, ma con qualche fetta di guanciale ho rimediato. E lì, seduta davanti al mio piatto, ho pensato che non avevo mai notato la somiglianza. Zucca e melone. Zucca e melone…süc e melòn a la sò stagion…e sono scoppiata a ridere. Demente. Senile. Distratta. Ma sorridente. L’autoironia salverà il mondo…

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Cera

Ci sono nella vita di noi donne due appuntamenti mensili di cui tutte farebbero a meno. Il ciclo e la ceretta. Sul primo non mi dilungo, in quanto è un dato fisiologico, un elemento necessario per la procreazione, qualcosa che ci hanno dato di serie e che dobbiamo tenerci. Fortunatamente non per tutta la vita. Poi però avremo la menopausa e, da quello che sento, per un po’ sarà pure peggio del ciclo. Quindi rassegniamoci. Il secondo appuntamento è invece una libera scelta. E denota già la propensione alla sofferenza di tutte noi. Fin da ragazzine è il simbolo del “se bella vuoi apparire un po’ di male devi soffrire”. E questa violenza fisica perpetrata sul nostro corpo la paghiamo pure. Masochismo. Nel caso ve la facciate da sole, sadomasochismo. Il fai da te io l’ho abbandonato da qualche tempo, da quando durante una depilazione casalinga al mese di agosto con 50 gradi all’ombra, la cera mi si è incollata alle strisce e l’unica soluzione sembrava la fiamma ossidrica; alla fine ho chiamato un pronto soccorso estetista e sono uscita così, con le strisce bianche incollate alle gambe, Lazzaro alzati e cammina….comunque aldilà dell’indubbio piacere di una ceretta, concorderete che, finito tutto, per almeno mezz’ora ci sentiamo terribilmente fighe. Come le endorfine post parto, è finita e il mondo sorride. Ma non solo. Ci sentiamo più leggere, sia che pesiamo quaranta o novanta chili, l’assenza del pelo alleggerisce. Manco fossimo samoiedo o shitsu da concorso. Poi ci sentiamo lisce. Ma lisce nel senso di senza imperfezioni, cellulite, smagliature, come se le strisce le avessero strappate vie. Sensazione che dura finché non ci guardiamo nude look ma aiuta il morale. Inoltre ci sentiamo terribilmente sexy, tutte lisce anche lì. Anche se ci ha fatto più male di un’episiotomia, che non è una brutta malattia ma un semplice taglio lì sotto per far uscire la testa del vostro bimbo. Anche lì, come il ciclo, necessaria. Qui no. Quando ero giovane bastava l’inguine. Due strappetti e via. Ora ci dicono che per essere sexy dobbiamo sembrare come quando avevamo dieci anni. Al massimo col pizzetto. Bah. Comunque fighe. Anche se appicchiamo più di un post it. Anche se la cera residua sotto i jeans rivelerà poi gambe blu cobalto. Anche se la stessa sotto il collant prude come se avessi la dermatite. Ma noi siamo contente così. E lo facciamo per voi. Che fate fatica a farvi la barba tutti i giorni. Che sì ok, anche voi vi cerettate, o alcuni di voi, ma lo fate per piacere a voi o per mollarci a casa per andare in bici o a correre. La ceretta mi spiace ma è donna. E io oggi l’ho fatta. Quindi mi sento figa magra leggera sexi. Ho perso il pelo, ma mai il vizio….

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Gocce

Piove sui ricordi, le goccioline si fermano sulle emozioni e scivolano lentamente giù, sbavandole come un trucco dopo il pianto. Storia di un acquarello troppo annacquato, colori sfumati, confusi, mescolati. Eppure così intensi nella loro evanescenza. Inchiostro simpatico che appare quando meno te lo aspetti. Stamattina davvero piove “su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude”…

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Numeri

Non sono brava coi numeri. I calcoli mi riescono male e devo usare le dita per fare le somme. Ho una ammirazione immensa per chi ci capisce di partita doppia, di formule ed equazioni. Gli integrali per me saranno sempre cereali e gli angoli tutti gli spigoli di cui è formata la nostra quotidianità. Tutto questo per dire che sono un disastro con le azioni calcolate e le promesse matematiche. Che ci provo da una vita ma nel mio mondo due più due fa sempre tre e tre quarti. E non sono brava neanche a giocare a carte. E neppure a barare un pochino, così, tanto per il gusto di vincere almeno una volta. Che non è vero che l’importante è partecipare, mai sentita frase più antipatica. Così le mie carte le gioco spesso male e di fretta perché sono persa nel mio mondo fatto di lettere e fantasia. Non sono brava con i numeri, no no. Non lo sono con tante cose. Ma in fondo per i sentimenti i numeri non servono, basta la pelle e la sensibilità. E di quella, nel mio mondo, ce ne è tanta, ed è davvero infinita…

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Vuoto

Quelle sere in cui sei sola. Libera avresti detto. Senza orario senza ritmo. Senza. Ecco ti senti senza. Perché in fondo puoi scegliere il programma tv ma non hai nessun con cui commentare. Puoi mangiare schifezze ma ti manca la sua mano che si alterna alla tua nel pacchetto di patatine. Puoi fare tardi e alle nove e mezza già dormi. Sul divano. Il letto è vuoto e provi a riempirlo coi pensieri ma diventa ancora più vuoto, e da sola non sai più dormire. Domani sera già sarai stufa del suo russare o dei commenti impropri sul tuo programma in tv. E che noia che barba attaccherai con una delle tue tirate. Domani, forse. Adesso spegni la luce e aspetti Morfeo. Che non é l’amante di turno dal nome esotico. Che qui meglio chiarire che il paese è piccolo la gente mormora. Aspetti e non arriva. Perché anche il sonno lo dividete in due e da sola è un lusso che non vuoi più vivere….