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Necessità 

Fare male per fare bene. Necessario talvolta. Come la medicina amara che faceva passare la bua quando eravamo piccoli. Necessario soprattutto se si vuole bene. Molto bene. Senza nessuno zuccherino ad addolcirne il sapore. E nulla è più triste che causare una sofferenza incompresa per fare del bene. Soprattutto in una notte di temporale.

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Incontinenza

In tempo di esodo estivo si fa più evidente anche ai meno abituati a viaggiare una categoria diffusissima di maschio italiano. L’urinatore di strada. Macchina ferma in corsia di emergenza. Portiera aperta lato passeggero. Nessuna volontà di mimetizzare anche solo minimamente il gesto, anzi un certo compiacimento in questa azione liberatoria in mezzo alla natura. Anche se dietro sfrecciano auto camion moto van. Singola. Ma anche in compagnia, che si sa, chi non piscia in compagnia o è un ladro o è una spia. Anche se alle spalle ci sono veicoli fermi incolonnati e automobilisti incazzati per gli ennesimi lavori stradali in giorni da bollino rosso. La necessità non conosce freni. Che neanche fossimo in mezzo al deserto e l’area di servizio più vicina fosse a quattro ore. Sono fermamente convinta che ci sia un subdolo piacere nel gesto. Una sfida. Una liberazione. Una rivendicazione dell’essere maschio. Maschio italiano. Che poi il peggiore l’ho visto a bordo pista di sci, Dolomiti altoatesine, temperatura meno quindici. Che in quel caso rischi pure il congelamento della parte, il che potrebbe pure avere dei risvolti inaspettati in termini di rigidità…ma quello è un altro argomento….

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Acqua 

Amo la poesia della pioggia e il suono delle gocce sul tetto, il profumo d’erba e di bagnato che anima l’aria, il cielo dalle mille sfumature mentre l’acqua cade giù. La pioggia nel pineto insomma. Ciò premesso, il monsone di questa sera aveva ben poco di poetico. Seduta a tavola davanti al primo pasto decente della giornata, l’ho accolto con la totale indifferenza. Anzi, con un profetico “ma chi se ne importa se piove forte, noi siamo qui tranquilli nella nostra casetta, beviamoci un buon rosso e peccato per chi è fuori”. Che chi la fa la aspetti. Dopo la cenetta, infili i tuoi guantini gialli per non rovinare le unghiette smaltate, che come ti hanno insegnato le mani sono la carta di identità, e inizi a insaponare i piatti. Dopo un minuto il lavello inizia a gorgogliare. Sarà la pioggia. Il gorgoglio aumenta e la schiuma comincia a uscire dappertutto. Sembra un attacco alieno, in un momento ti vengono in mente i Visitors, i Gremlins, mentre l’acqua nel lavello sale. Sale e diventa nera. Insomma la fogna. I guantini volano via mentre con le pentole svuoti le due vasche e urli aiuto alla tua metà. Questa sera si gioca a passarci i secchi e a buttarli nel vater. Altroché smalto. Alla fine l’eau de perfum è insopportabile, altroché i fanghi, mentre asciughi l’acqua che ha allagato mezza cucina. Per non parlare di quello che ti resta addosso. Bella seratina. La magia del temporale. Che dite, magari un’altra volta eh?

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Otium

La bellezza di un tramonto in riva al mare. La dolcezza di un abbraccio che non ti aspetti. Il suono di una canzone che ti ricorda il primo bacio dietro una siepe. L’emozione di una poesia scritta duecento anni fa e che rimanda sempre palpiti nuovi. I colori di una storia sulla tela, storia narrata e storia vissuta da chi la dipinse. La forza di una scultura e la maestosità di una costruzione che sfida ogni logica, tranne la nostra. Le parole di una frase, le frasi di una pagina, le mille pagine che compongono il libro che ancora devo scrivere. Quanta bellezza abbiamo tra le mani, quanta letteratura, arte, fotografia, musica, cultura. La nostra cultura. Che oggi più che mai è un olio dolce che lenisce le ferite di un mondo che brucia. E allora chiamatemi struzzo, ma io questa sera la televisione la spengo e lascio che l’otium riempia la mia anima.

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Bocce

C’è uno sport che è Sestri nei ricordi di bambina. Non è nuoto, non tennis, non vela. No no. Sono le bocce. In riva al mare. Una sfida agguerrita per pochi adepti. E mio nonno era uno di quelli. Look da settimana della moda, savat, pantaloncini, magliette a righe e abbinamenti daltonici. Pose plastiche da discoboli e ogni tanto un’occhiataccia agli spettatori rumorosi. C’è quello che dà indicazioni a destra, butta, no no di qui. Quello che misura le distanze con professionalità. Quello che prende la rincorsa e quello che si fuma un sigaro. Stasera però il campione è lui. Non gli dai una lira perché parla poco. Pallido e con le scarpette di corda. Il parrucchino delle grandi occasioni tinta malva. Ma le sue bocce si avvicinano al boccino come le api al miele. Non ne sbaglia una. E alla fine ci scappa pure un applauso. E vai Franco vai!!

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Foglie

Abbracciate i vostri bambini e stringeteli forte forte. Baciate i vostri uomini e le vostre donne con passione e frequenza. Chiamate i vostri amici, bevete un caffè, aiutateli nel bisogno, siateci, sempre. Coccolate i vostri genitori, i vostri nonni, i vostri cari. Bandite l’egoismo e urlate i vostri sentimenti, chiaritevi e confrontatevi, siate critici, soprattutto con voi stessi. Regalate il tempo, sorridete anche nella tristezza, uscite, divertitevi, amate amate amate. Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie, scriveva Ungaretti. Nel frattempo stringiamoci ai rami con la forza del nostro amore e proviamo nel nostro piccolo a rendere migliori questi tempi in cui il cielo non è più così azzurro…

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Arcobaleno

Ieri ho visto tanti arcobaleni sui social, tante pentole dei desideri che spero qualcuno abbia trovato. Mentre ammiravo e non fotografavo quello in cielo, che anche io per una volta tanto vorrei ma non posto, ho pensato che era davvero bello. Come la mia vita. Che era fatta di sei colori e da quando c’è il mio lui è di sette, l’arcobaleno del cuore. Più tesoro di così…

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Lume di candela

Serata di inizio luglio. Ristorantino della riviera ligure. Candela in mezzo al tavolo, piatto e sottopiatto, menù con prezzi che sembrano il capitolato per la ristrutturazione di una villetta, meno di 15 euro a portata non ti servono neanche il pane. Lui lei e la creatura. Due anni, guance arrossate dalla giornata in spiaggia, nessun interesse per la magia della location. Lui guarda lei e le prende la mano in cerca di calore, lei sfila la mano e raccoglie la macchinina che il pupo ha fatto cadere, ricadere, cadere di nuovo. Lui sorride e inizia a parlarle, lo vedi che è felice e che vuole godere al massimo della atmosfera e perché no magari portare anche a casa il risultato più tardi. Lei lo guarda con un occhio e con l’altro non perde di vista il bambino, mette il bavaglino, taglia gli spaghetti, smettila, non alzarti, ma si alza lei, sistema la sedia, gli dà un bacino…tutto questo mentre lui tenta una conversazione impossibile, la creatura catalizza l’attenzione. A quel punto prova a partecipare, ma ovviamente sbaglia a versare l’acqua, non vedi che è fredda, ad aiutarlo a mangiare, deve imparare da solo, a dargli una carezza, ecco gliele dai tutte vinte. Allora si alza e accende una sigaretta, mentre lei con sufficienza lo apostrofa con un devo fare sempre tutto io, tu pensi solo ai fatti tuoi, una sigaretta e sei a posto. Intanto il bambino si è alzato e ha iniziato a rompere le palle a tutti i tavoli limitrofi con in mano un pezzo di pane mezzo ciuciato, e lei dietro a prenderlo e metterlo seduto una due tre volte. Quando arriva il branzino la candela in mezzo al tavolo si è pure spenta, come l’idillio di una serata che prometteva bene, che lui si chiede perché non si è accontentato di una pizza nel cartone in casa con una birretta davanti alla tv, avrebbe risparmiato denaro e fatica, il pupo sarebbe già nel suo lettino, e lui magari avrebbe avuto quelle attenzioni che tanto desidera. Perché loro rimangono sempre i nostri primogeniti, non dobbiamo dimenticarlo mai, e per quanto innamorati dei loro figli, rimpiangono le serate, le notti, i momenti in cui eravamo esclusivamente per loro. E questo non te lo dicono nel corso preparto. Così tutte sbagliamo. E loro si sentono trascurati e diventano vulnerabili. Ricordatelo mentre gli fate il culo perché hanno fatto cadere il ciucio per terra. Essere madri mogli amanti è dura. Ma nostri compagni a volte molto di più. 

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Isola delle Correnti

Magia è attraversare un piccolo tratto di mare e come un naufrago approdare su un’isoletta deserta su cui si erge un vecchio faro. Magia è percorrerne le scogliere e fermarsi a guardare l’orizzonte laggiù, mare mare e solo mare. Il mare Nostrum di Odisseo e dei Cartaginesi, di Poseidone e delle trireme. Ma anche di tanta gente che lo attraversa ingannata da chi ci addita come la Terra Promessa. Perché l’Africa la senti in questa sabbia argillosa, nel sole caldo sulle spalle, nella vegetazione bassa. È lì e ci guarda come io guardo lei ora nel tramonto di un lembo di terra che significa libertà. Libertà dalle delusioni, dalle illusioni, dal dover essere. Che qui puoi solo essere. Anima corpo e natura. E tutto scivola via in queste correnti che si baciano in una danza senza fine.