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Papà

Ho passato una vita ad arrabbiarmi perchè non riuscivamo a comunicare. Così uguali ma sintonizzati sempre su una banda diversa. Io a cercare una manifesta approvazione per le mie inclinazioni, i miei studi così lontani dal tuo modo di vedere e disegnare il mondo, il mio essere insicura e alla ricerca di una perfezione impossibile. Tu ad amarmi come eri capace, a darmi tutto e di più, tranne quegli abbracci che non avevi ricevuto e di cui non sapevi per questo l’importanza. Hai lasciato che studiassi quello che mi piaceva, che facessi le mie scelte, nel bene o nel male, senza approvare o disapprovare più di tanto. E io ad arrabbiarmi perchè interpretavo questo come disinteresse, o scarsa stima. Non vedevo, ma ora lo vedo bene, che era l’amore di chi ti lascia libero facendoti capire che c’è, sempre, con la serietà di un ruolo che hai sentito importante fin dal mio primo vagito. Poi arriva il giorno in cui anche io divento grande. E vedo tutto con gli occhi giusti. Non più arrabbiati, non più insicuri. Semplicemente vedo e capisco. Capisco l’amore immenso. Capisco il dolore e la rabbia celate dietro la tua ruga sulla fronte (come la mia) per certi passaggi difficili del mio vivere. Capisco i tuoi silenzi e i tuoi prediconi. Capisco te e il tuo modo di essere. Capisco e non posso che amarti mille volte di più, anche per tutte le volte in cui non l’ho fatto in passato. Lo scrivo qui e non te lo dirò mai, che io non sono brava a esprimere i sentimenti, un po’ come te. Ma lo urlo a tutti, come hai sempre fatto tu, elogiarmi con gli altri, ma non dirlo mai a me. Uso il mezzo che mi appartiene di più e so che tu mi leggerai, come hai sempre fatto, e poi mi dirai “ti dico solo due cose in merito a quanto hai scritto. Una riflessione poi fai come credi…” e tu non sai quanto queste due cose si stamperanno dentro di me indelebili, a scrivere il libro del mio amore per te. il mio papà.

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Conferme

Guardo i tuoi occhi alla ricerca di una conferma. Che mi faccia andare avanti, che mi rassicuri, che mi faccia dare un senso alla pazzia che sorregge l’amore. Come se ci volesse una conferma ai sentimenti, una prova del nove che ci faccia dormire sereni. E invece non vi é nulla di più stupido. L’amore non ha bisogno di conferme. Un bambino non ti chiede perché lo baci, lo accarezzi, lo coccoli, gli dai da mangiare, lo vesti, gli fai il solletico. Sente che lo ami, e basta. Così dovremmo essere più bambini e fidarci. Magari anche dell’illusione. Dei nostri sensi. Delle nostre mani. Del nostro cuore. Ascoltare la voce dentro di noi, invece di soffocarla con il baccano delle parole, dei messaggi, dei consigli altrui. Guardo i tuoi occhi e ci vedo riflessi i miei. E questo mi basta. Per un minuto, un’ora, una vita intera. 

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Sensazione 

La sensazione. Di essere al posto giusto al momento giusto. Di aver finalmente trovato il mio angolino nell’universo. La sensazione. Di non dover chiedere posso, scusa, mi spiace. Di essere e basta perché lì puoi anzi devi essere e basta. La sensazione. Del cuore che sorride. Del polmone che respira. Della pelle che si illumina. Della vita che scorre. La sensazione. Di aver trovato un senso. In un attimo. Tutto questo. Ogni giorno. Grazie a te ❤️

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Buongiorno

Buongiorno. Sì buongiorno a te che la mattina sei sempre di corsa, anche se ti alzi all’alba, e arrivi in ufficio che hai già fatto mezza giornata. Sì buongiorno a te che non hai voglia di alzarti dal letto, che non hai uno stimolo, un motivo, un senso. Sì buongiorno a te che oggi hai un colloquio che forse cambierà la tua vita, e a te che studi da mesi e oggi è il giorno dell’esame e ti tremano le gambe. Sì buongiorno a te che sei già in coda in tangenziale, che parti presto per arrivare tardi, che la macchina è una seconda casa ma non ti porta quasi mai dove va il cuore. Sì buongiorno a te che stai svegliando i tuoi bambini, con il loro profumo di buono, il loro sorriso pulito, la loro ingenuità che vorresti fosse un po’ ancora la tua, che tutto sarebbe più semplice. Buongiorno a te che sei sul treno, affollato, freddo, chiassoso e non sai che oggi farai l’incontro della tua vita, perché spesso è dagli inizi più devastanti che nasce un fiore. Sì buongiorno a te amore mio, che ogni mattina mi regali una carezza e poco importa se le rughe segnano il nostro volto, perché sono il segno della nostra vita insieme. Buongiorno a questa vita, che si rinnova ogni volta e che possiamo costruire, inventare, stravolgere a nostro piacimento, il regalo più bello, da non sprecare mai. Buongiorno a me stessa, al mio specchio e alla mia incontenibile voglia di vivere. Sì buongiorno. 

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L’amore è

Gira e rigira e si torna a parlare di amore. Che non è questione di romanticismo o infatuazione momentanea. Ma una razionale constatazione che se l’amore funziona, ilmondo si colora di azzurro, e possono esserci mille problemi ma una ragione per sorridere la trovi. Preciso subito che non credo al detto dei due cuori e una capanna, che la capanna é romantica per una notte, due, tre, poi hai voglia di un letto king size, una cucina piano cottura centrale, la cabina armadio per 100 paia di scarpe e pure la piscina nel giardino. So che uccido il romanticismo iniziale di questo post ma vi prometto che mi rifaccio. Da adesso in poi. L’amore è svegliarsi la mattina presto e trovarlo lì, che ti fissa, e se poi ti porta la colazione a letto ha già sbaragliato tutti i concorrenti. L’amore é fare la colazione insieme, prepararla con cura, anche se tu mangi caffè, latte, marmellata, pane tostato, pancake, noci, e lui fatica a puciare due biscotti nel te. L’amore è ricevere un messaggio sul telefono, un cuoricino e un pensiero dolce, leggerlo mentre sei sulla bici in mezzo al traffico, beccare una buca e far volare il telefono tra le auto, e ti va bene che rompi solo il vetro. Che poi chissenfrega del vetro, l’importante è il nostro cuore, il nostro amore, anche se è il quarto schermo in sei mesi. L’amore è andare dal parrucchiere, dall’estetista, passare il tardo pomeriggio ai fornelli, mandare i ragazzi a dormire dalla nonna per preparare una romantica serata per voi due. E scoprire che quella sera gioca l’Inter. Che perde pure, così manco la lingerie di Victoria Secrets (100 euro un paio di mutande che al mercato ne compero per tutta la vita..) neanche la lingerie fa effetto perché va a letto arrabbiato. L’amore siamo noi due. Insieme da così tanto che è quasi incesto. Sempre innamorati anche se sembra impossibile, anche a noi, ironici, scanzonati, un po’ testardi. Gira e rigira si parla di amore. E meno male. Che anche se non fa sempre rima con cuore, ma con sudore, furore, ardore, torpore, rossore, frullatore, vibratore, ecco, nonostante tutto, è ancora l’unica cosa per cui davvero valga la pena.

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Quant’é bella giovinezza 

Sto pensando che ci sia una tendenza diffusa a buttare via attimi, momenti, ore, giorni interi. A lasciare che la vita scorra riempiendola di attività che ci stancano ma che non ci arricchiscono. In attesa di un poi che tante volte poi non c’è. Viviamo perdendo la vita. E non è pessimismo il mio, anzi. Un invito a riflettere e a vivere davvero, ogni attimo, come se fosse l’ultimo. Lo dice anche Vasco, che di sicuro è più ascoltato della Colli. Vale la pena da oggi in poi. Lo dice anche il Liga che è più figo, riflessivo e tosto della Colli. Vivete amici miei, che di doman non v’è certezza. Lo diceva Lorenzo de’ Medici. E se lo chiamavano il Magnifico un motivo ci sarà 😉

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Verba

Chi ha detto che verba volant? Ci sono delle parole che ti rimangono attaccate addosso e non se ne vanno più. Anche se scuoti la testa e passi oltre, anche se trascorre del tempo e sembrano sbiadire. Loro sono lì. Attaccate al cuore e ogni tanto invadono il cervello. Mentre lavi i piatti. Mentre ti fai la doccia. Mentre guidi nel traffico. Approfittano dell’attimo in cui la mente non è impegnata in altri pensieri e si infilano tra i neuroni. Sono il più delle volte parole che feriscono perché quelle che coccolano tendiamo invece a scordarle. Come se il male si attaccasse con più forza ai nostri sensi, un po’ come il grasso alle pentole, che l’acqua non basta a scioglierlo, ci vuole il detersivo e la spugna, e a volte anche così si fa fatica. Così le parole che ci feriscono non vengono mai lavate via dalle lacrime, ci vuole il tempo, ci vuole il balsamo della parole dolci, ci vuole, non so cosa ci vuole, a volte poi se ne vanno, a volte invece diventano parte di noi e si trasformano in una ruga di dolore. Mala verba manent, bona verba volant. Ecco sì, meglio così. Con buona pace dei proverbi latini e delle citazioni dotte. 

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Angioletto

Quando sono in difficoltà penso a lui. E un pochino mi sento protetta. Sì perché avere un angelo custode, essere sicura di averlo, lassù, da qualche parte nel cielo, rende la vita più semplice. Non è il genio della lampada, se sei sfortunata lo sei lo stesso, gli sgambetti della vita non te li leva, eppure l’idea di un puttino paffuto che da lassù guarda cosa combini non è niente male. Sì, lui, o lei, chi lo sa. Il mio bimbo mai nato. Chiudo gli occhi e me lo vedo lì, sullo schermo dell’ecografo, il cuoricino che batte, tum tum tum, e la gioia di avere un senso in questo universo. Ho ritrovato me stessa diventando madre, in quel momento, davanti a quello schermo, il più bel film di sempre. Ho percepito in un istante la vita, la morte, il perché di tanti eventi passati. Ho iniziato ad amare il mio corpo, fantastica macchina, insuperabile, piena di risorse, che era capace di creare un altro essere umano, due cuori, il mio e il suo, che battevano a ritmi diversi ma che insieme producevano la musica della vita. Per settimane mi sono sentita la più bella, la più intelligente, la più più, come se fossi l’unica donna al mondo ad essere incinta. E poi in un attimo tutto è crollato. Sul divano, mentre guardavo una partita di calcio, ho sentito che la vita dentro di me mi lasciava. L’ho capito subito, alla prima fitta, e poi in ospedale, di nuovo l’eco e quel silenzio assordante. Il cuoricino non faceva più tum tum. Ma lui era ancora lì, attaccato a me, e avrei voluto schiacciarlo quel petto ancora informe, rianimarlo, dirgli eddai cavolo non si fanno sti scherzi. Niente. Hanno dovuto intervenire. Mi hanno letteralmente strappato le viscere. E dei tanti dolori che ho provato dopo allora, i parti, il dente del giudizio, gli interventi chirurgici, nessuno è mai stato così intenso. Ingigantito dal dolore del cuore, sbriciolato, il mio e il suo. Non so quanto ho pianto, credo una settimana. Ho attraversato il dolore, poi ho raccolto le forze, piegato le labbra all’insù e sono ripartita. Più forte. Più determinata. Già madre. Con la certezza che ci fosse da qualche parte il mio bimbo mai nato a vegliare su di me e sulla mia famiglia. Lì, a farsi pure due risate quando ne combino una della mie. Ciao piccolo mio, vissuto il tempo di un sogno, sempre accanto a me, angelo custode speciale che tiene tra le mani un pezzetto del mio cuore. 

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Sogni

La sera, prima di dormire, costruisco il mondo come lo vorrei. Mi immagino una situazione, un incontro, e finisco la fantasia nel fantasticare su un sogno. Prendo persone, oggetti, luoghi e li sistemo lì, a muoversi in un mondo perfetto per me. Un po’ come quando da piccola avevo la casa della Barbie e con le mie manine grassottelle sistemavo le sedie, i tavoli, perfino i pentolini sui piccoli fornelli. Poi arrivava Ken sulla spider a prendere Barbie e lei tutta infighettata usciva di casa e insieme partivano per un viaggio. Vado avanti a costruire sceneggiature irrealizzabili finché non mi addormento e mi piace pensare che queste di tuffino nei miei sogni e mi coccolino tutta la notte. È il mio modo per fare pace con il giorno, quando invece le cose non vanno sempre come vorrei, quando non esiste causa effetto razionale, ma un imprevedibile e affascinante alternarsi di eventi. E io in mezzo a rincorrere un senso che il più delle volte non esiste. Sotto le coperte, occhi chiusi, in silenzio, ciac si gira, pronta a sognare a occhi aperti. E domani penseremo al resto.