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Odio questa situazione

Allora non ci siamo capiti.
Odio questa situazione.
Odio stare in casa.
Odio non poter lavorare come sempre.
Odio non aver la possibilità di abbracciare i miei genitori.
Odio questo virus che sta uccidendo tante persone.
Odio alzarmi al mattino in questi giorni fotocopia.
Prego per chi lavora negli ospedali, sulle ambulanze, nelle case di riposo, nei supermercati e in tutti quei luoghi a forte contatto con le persone.
Amo il rumore, il traffico, le metropoli.
Amo lavorare 18 ore al giorno e l’agenda stracolma di impegni.
Amo allenarmi in palestra con gli amici di sempre.
Amo gli aperitivi, le discoteche, le fiere con tanto casino.
Non so stare da sola.
Il silenzio mi fa paura, infatti vivo con la radio accesa.
Ho bisogno di muovermi se no mi manca l’aria.
Ho bisogno di frequentare gli altri perché la loro energia mi ricarica.
Mi manca il caffè al bar e le chiacchiere per strada.
Ho timore per il futuro, tanto, tantissimo.
Non vedo la fine e non so fare progetti.
Me la faccio sotto ogni volta che vado a fare la spesa e mi stanno sulle palle mascherina, guanti, Amuchina e alcol.
Non riesco più a scrivere, perché se fermo le mani e la mente lavora mi prende lo sconforto.
Questa è una situazione di merda. Punto.
Ma non sopporto chi continua a lamentarsi.
I disfattisti.
I complottisti.
I pessimisti.
Quelli che contano ogni ora morti, contagiati e fanno delle statistiche della protezione civile la ragione della loro giornata.
No.
E mi tengo per me paura e preoccupazione, cercando di dare speranza a chi mi legge.
Illusione? Forse.
Ma sono fatta così, e preferisco sorridere anche se dentro ho la morte.
Trovare ogni giorno uno stimolo, mi aiuta a non impazzire. A provare a sognare ancora.
Buona domenica ❤️

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Volersi bene

Non so voi, ma io mi sto abituando alla quarantena. A non uscire di casa. A lavorare nel mio studio. A identificare il mondo nei metri quadri del mio appartamento, da condividere strettamente con marito e figli. Sono passate cinque settimane da quando tutto é iniziato, tre dalla serrata totale. E non si vede la fine. Come vi dicevo, mi sto abituando. Non mi piace. Neanche un filo, voglio precisarlo. Il magone è latente, il dolore per i morti costante, l’apprensione per i miei cari toglie il sonno, la paura è sempre lì. Ma ho imparato a vivere in casa e mi sono ingegnata per cercare di costruire una normalità nel mio nido. Ho ricominciato a vestirmi e a truccarmi, mentre le prime settimane ero una versione peggiorata di Bridget Jones. Ho cercato di fare regolare attività fisica, anche se la home gym è noiosa quanto La corazzata Potemkin. Mi sono data una routine regolare, progettando l’agenda come se avessi tutti i soliti appuntamenti, tra lavoro al computer, mail, telefonate e dando spazio alla cura di me stessa. La manicure, la maschera viso e capelli, la ceretta. Ho ripreso in mano libri lasciati a metà e mi sono messa alla prova in nuove e complicate ricette. Ho cercato insomma di volermi bene, tanto bene, più di quanto faccia di solito. Di mangiare bene, di coccolare il mio corpo dentro e fuori, per mantenere un buon equilibrio mentale. Mi sono chiesta anche se questo non sia oltraggioso per chi è attaccato ad un respiratore in terapia intensiva. Intendo anche il selfie postato tutta infighettata. Non lo so. Forse si, e chiedo scusa. Ma abbiamo bisogno di continuare a vivere, anche con le varie ed eventuali che da sempre alimentano la nostra esistenza. Altrimenti, alla lunga, e sarà lunga, fonderemo tutti. Tutto questo ci cambierà, cerchiamo almeno di mantenere il rispetto per noi stessi, per ciò che siamo, per quello che vogliamo diventare. Perché il futuro esiste, ed è lì, dietro l’angolo. Facciamoci trovare pronti ❤️

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La spesa ai tempi del Coronavirus

Spesa questa mattina. Per la mia famiglia, per i miei genitori, per mia suocera.
Prima impresa, riunire le tre liste in modo da ottimizzare e da ridurre i tempi nei supermercati. Ci vuole meno tempo a stilare il budget di una società, e c’è sempre qualcuno che aggiunge cose e sballa la lista.
Secondo. La vestizione. Maschera, guanti, occhiali, spray disinfettante in borsa, tutto il possibile per tutelare gli altri e me stessa. E questo dà tutto sommato sicurezza. Peccato che appena entri nel supermercato, ti rendi conto che la metà delle persone o non ha mascherina o non ha guanti. E sono tutti anziani. Vorresti urlare un parere, ma tanto servirebbe a poco.
Terzo. Coda all’ingresso. Ordinata. Non fosse per la signora anziana, senza mascherina e guanti, che con nonchalance prova a passare davanti a tutti e finge indignazione quando lo fanno notare. Grandiosa. A quel punto si siede su una panchina, le mani appoggiate alla seduta, giusto per essere sicura di giocare con il fuoco.
Quarto. Il disinfettante all’ingresso per la maniglia del carrello. Lo spruzzo dappertutto, nel carrello, sui guanti, a mo’ di profumo: ti chiedi se fare anche i gargarismi, ma poi vedi che è al gusto lavanda e quello ti dà la nausea.
Quinto. Il lievito. Si, ho trovato il lievito per la pizza. Informo l’amica del cuore, perché queste botte di culo vanno condivise con chi ami. Ne compero 10 bustine, penso ad un racket del lievito, poi decido che lo impacchetto e lo regalo a chi merita.
Sesto. Alla cassa. Coppia davanti a me. Marito e moglie. Sui 75. Ovviamente niente protezione, in due, totale conto alla cassa euro 19.30. Si commenta da solo.
Settimo. Distribuzione dei pani e dei pesci ai miei, alla suocera, speri sia tutto ok, ma già ti dicono, “la prossima volta che vai, mi prendi….”, e quando gli rispondo “vado tra una settimana” ti guardano con quell’aria affranta, perché proprio l’alloro gli serviva.
Ottavo. Arrivo a casa. Scarico borse. Svestizione. Disinfezione scarpe. Ritiro tutto e poi lavo pure il pavimento. Che sto diventando paranoica. E il profumo dell’alcol mi comincia a dare la nausea, troppo pulito, un po’ di sano tanfo di frittone bruciato sarebbe molto consolante ora.
Nono. Finalmente mangio. Sono sfinita, ma fiera della mia eroica impresa e di aver trovato tutto quello che era in elenco, anche la farina bianca.
Decimo. Mezz’ora di divano con il mio libro non me lo toglie nessuno. Che io #restoacasa. Al supermercato, tutti i giorni, andate pure voi 😉

#coronavirus

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Vivere

In quest’ultimo mese ho attraversato tutti gli stati d’animo. L’ottimismo dei primi tempi, la spavalderia di chi non vuole rassegnarsi, la rassegnazione dell’inevitabile, la paura per l’ignoto, l’impotenza di fronte alla morte, la determinazione a non arrendersi, lo sconforto totale e senza respiro per le troppe vittime, il dubbio di fronte ad un futuro più che mai incerto. Stati d’animo che si alternano più volte durante la giornata, con il cuore che salta in gola all’ennesima ambulanza che suona e poi però gioisce nell’abbracciare i propri figli, mai vicini come in questi giorni, e nel vedere dal balcone la mamma e il papà che sorridono e che puoi viziare, anche solo portandogli la spesa. Sono passata dal non mi vesto più, vivo in pigiama, non mi lavo, non mi trucco, al non si può mica andare avanti così, un minimo di dignità, e allora, maschera, impacco, crema mani e ceretta. Per non parlare dei social. Cerchi le notizie ma non vuoi sentirle, perchè vorresti solo ricevere quelle buone, quelle della luce in fondo al tunnel, che ancora non si vede. E allora spegni tutto, metti la musica a palla e pulisci casa, riordini, cataloghi, come se volessi mettere in ordine la tua vita e questo mondo malato. Sono giorni strani, questi. Viviamoli senza chiederci troppo che senso abbiano. Non giudichiamo, non accusiamo, non pretendiamo troppo da noi stessi. A posteriori valuteremo. Ora dobbiamo solo vivere. Vivere. Vivere.

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A casa nostra

Io non capisco tutta questa gente che vuole uscire in questi giorni difficili. Aldilà della salute, ma non vi fa male al cuore passeggiare per la città? Vedere le strade vuote. I posteggi insolitamente liberi. Camminare nel silenzio, interrotto solo dalle ambulanze, lí dove di solito è un via vai rumoroso e affettato. Incontrare persone con guanti e mascherina, conoscenti che attraversano la strada per non starvi troppo vicini, donne e uomini irriconoscibili dietro un velo. A me fa malissimo. Le poche volte che esco per la spesa o per un salto in ufficio a recuperare documenti per poi lavorare da casa, ecco quando succede mi viene il magone. I negozi chiusi. Il mio baretto del caffè di metà mattina serrato. Rientro in casa e ricomincio a respirare. Sí, sto bene in casa, perché quando sono nel mio nido mi illudo che sia tutto come sempre. Mi sento epicurea in questi giorni. Gli epicurei proponevano il “laze biosas”, il vivi nascosto, per evitare i mali del mondo. Ecco, facciamolo anche noi. E se non vogliamo tirare in ballo Epicuro, facciamo come dice Vasco e lasciamo tutto il mondo fuori. Guardiamo pochi notiziari, leggiamo, viaggiamo con un documentario, giochiamo con i nostri figli, lavoriamo da casa in pigiama, curiamoci di noi stessi. Lasciamo il dolore fuori. Non vuol dire fingere che non ci sia. Vuol dire essere consapevoli, coerenti, responsabili. A casa nostra.

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Correre

Per quale motivo continuate ad andare a correre nonostante sia chiaro che si debba stare in casa?
Per la prova costume? Per non diminuire le vostre performances? Per sfruttare le belle giornate di sole? Ve lo chiedo perché sono basita. Sono una sportiva. Adoro correre all’aria aperta. Ma in questo momento è l’ultimo dei miei pensieri. Così come la prova costume, la cellulite, i massimali di squat che facevo prima dell’emergenza. Non me ne frega nulla ora. Mi interessa stare bene. Che i miei stiano bene. Che il telegiornale smetta di dare notizia di morti e persone in terapia intensiva. Che il sole splenda di nuovo su questa terra malata. Questo importa ora. Per cui ve lo chiedo di nuovo. Per quale motivo continuate a correre? Perché qui corriamo solo verso il disastro. Fermatevi. Che è meglio.

coronavirus

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Come saremo dopo?

Domenica mattina. Giornata tersa. Silenzio. Il silenzio irreale che da una settimana contraddistingue i nostri giorni. Mentre faccio colazione, mi chiedo come sarà la nostra vita dopo. Dopo il Coronavirus. Dopo la quarantena. Dopo la serrata. Perché non credo che torneremo alla vita di prima come se nulla fosse stato. Impossibile. Questa esperienza resterà dentro di noi, come una guerra, come un sisma, come uno tsunami. Sento gli uccellini cinguettare. Di solito sono coperti dal rumore delle auto. Adesso li sento, distintamente, abbaia un cane, passa un automobile. Poi silenzio. Dicevo, come sarà dopo? Dimenticheremo come l’Europa si è comportata con noi italiani? Non credo. Continueremo a tagliare i costi della sanità? Non credo. A dare poca importanza alla libertà? Non credo. Penso che quando tutto sarà finito, avremo imparato l’importanza delle relazioni sociali, della condivisione. Avremo capito quanto è fondamentale rispettare le regole, sí, anche noi italiani, furbetti irriducibili. Ci saremo riscoperti pazzamente innamorati dell’Italia, orgogliosi dell’essere italiani, uniti come non mai, e non solo quando gioca la nazionale. Non so come sarà il mondo poi. Sarà meno inquinato. Almeno l’aria. Respireremo meglio, anche grazie a un virus che toglie il fiato e ammazza i polmoni. Ironia della sorte, vero? Come saremo noi? Sarà bello scoprirlo. Intanto gli uccellini stanno cinguettando animatamente. Ed è bello stare qui ad ascoltarli. Una tazza di caffè latte in mano. E nessuna fretta. Mentre il giorno nasce e il cuore si aggrappa alla speranza che presto torneremo ad abbracciarci. Stretti stretti.

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Fortuna

Adesso capite quanto siamo fortunati? Quanto vale la libertà personale? Di muoversi, viaggiare, incontrarsi, agire.
Capite perchè festeggiamo ricorrenze come la liberazione o la festa internazionale della donna?
Capite perchè abbiamo studiato a scuola la Rivoluzione Francese e perchè l’Illuminismo è così importante per la creazione della società moderna?
Capite perchè gli stati democratici devono aiutare i paesi meno fortunati, in cui dittature tolgono tutte le libertà personali?
Capite perchè dobbiamo studiare, conoscere le altre culture, allargare i nostri orizzonti?
Perchè solo la conoscenza ci aiuta ad affrontare anche situazioni come queste e a capire che sì, nonostante il coronavirus, siamo fortunati. Siamo liberi, in uno Stato con la migliore sanità statale al mondo, con cellulari, televisori, il cibo nel frigorifero e la possibilità di ricevere la migliore istruzione possibile.
Pensateci, la libertà è un valore che diamo per scontato.
E invece è una conquista.
Una splendida conquista