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Grande

Sei diventato grande senza che me ne accorgessi. Anzi, a dire il vero, dovrei dire che grande lo sei sempre stato. Da quando avevi un anno, da quando è nato tuo fratello, sei sempre stato il grande, così come lui è il piccolo, ancora oggi che ha la barba e la voce da uomo. Eri tranquillo, da bambino, ti bastava avere un libro in mano e non ti sentivo per ore. Sfogliavi le pagine per pomeriggi interi, ti fermavi a guardare le immagini, ascoltavi con estasi la mia voce che ti leggeva quelle righe così affascinanti per te. Trovavo libri ovunque, nel lettino, in giro per casa, una volta ne ho recuperato uno anche nella lavatrice. A un certo punto, hai deciso che non potevi aspettare che io ti leggessi tutto quel mondo così affascinante, no, hai deciso che volevi essere indipendente, libero di viaggiare con la mente. A quattro anni, da solo, osservando il mio labiale e poi la pagina, facendomi leggere e rileggere sempre le stesse storie, hai imparato a leggere. E poi a scrivere. E quando tuo fratello ha iniziato a chiederti di leggergli le storie, hai insegnato a leggere anche a lui. Che la lettura è qualche cosa di tutto tuo e se c’è una cosa che non sopporti è la lettura ad alta voce, per gli altri. Ecco, io credo che in quel momento avrei potuto capire esattamente la tua essenza. Individualista, indipendente, determinato nell’ottenere ciò che ti interessa e indifferente al resto. In quel momento mi stavi dicendo che il cordone ombelicale era reciso, definitivamente. Ma io, mamma de core per cui la famiglia viene prima di ogni aspirazione, desiderio, velleità, quel cordone l’ho riattaccato mille volte. Con lo scotch, la colla, ago e filo. Mi sono sempre detta che mettiamo al mondo i figli, escono da noi, ma sono altro da noi, che mai e poi mai vanno considerati una nostra estensione. Eppure spesso ho fatto l’errore di considerarti tale. Forse perchè sei il primo, così desiderato da fare quasi male al cuore, forse perchè sei così simile a me nelle passioni, la lettura, la storia, la scrittura. Simile ma diverso. Simile ma altro. E, ad un certo punto, tu hai iniziato a gridarmi quanto sei diverso da me, per il sacrosanto diritto di affermare la tua essenza, la tua individualità. E quel cordone ombelicale l’hai fatto a brandelli, a tratti con cattiveria, perchè io ero sorda e cercavo sempre di proteggerti. Ho capito sai? Ci ho messo diciotto anni, ma ho capito. Leggo la circolare scolastica e realizzo che sei in quinta liceo. In quinta liceo, io ho conosciuto tuo padre e mi sentivo, ero, una donna. Non vedo perchè tu non abbia lo stesso diritto di essere un uomo. Un uomo tosto, tra l’altro, che per fortuna è simile a me, ma, a differenza mia, è forte e sicuro di ciò che è. Molto bene, ragazzo mio. Buon anno scolastico, allora, e goditelo tutto!

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La mia città

Ho sempre voluto andarmene da questa città. Città…meglio cittadina dai, che Mortara della città non ha nè la frenesia, nè la voglia di cambiamento. Comunque, da che mi ricordo, non mi sono mai sentita a mio agio fra queste strade, che pure calpesto da 47 anni. Vi dirò di più, non mi sono mai neanche sentita amata, accolta, come se il senso di disagio fosse reciproco. Eppure mi sono impegnata. Per carattere, tendo a fare di necessità virtù e, visto che qui dovevo vivere, mi sono impegnata nel tessuto sociale e culturale, ci ho messo del mio, così, come ero capace. Per anni, anche. Eppure, cosa vi devo dire, mi sono sempre sentita diversa, e non è una bella sensazione. Diversa, badate bene, non migliore, anzi, che qui a passare per una che se la tira ci vuole un attimo. Ma che volete che mi tiri io, poi…Incredibile come mi sia sempre sentita più libera nelle grandi città, in giro per il mondo, libera di essere, di dire, di fare ciò che sento. Come abbia legami fortissimi con persone che abitano a chilometri di distanza, con cui mi sento quotidianamente, ora anche grazie a internet, e fatichi a trovare intesa tra queste strade. Ed è sempre stato così. Credo sia peculiarità della provincia, che ti culla nel suo grembo, ti fa vivere più sicura che nelle metropoli, ti accoglie con i suoi ritmi sempre uguali, ma nello stesso tempo ti incasella, ti affida un ruolo che dovrebbe rimanere immutato per l’esistenza intera. E io cambio di continuo. E io odio incasellare qualunque cosa. Da sempre ho capito che ero io fuori posto, che mica puoi cambiare la mentalità di un luogo, puoi adattarti o andartene. Tertium non datur. E allora mi sono adattata. Con il tempo ho smesso anche di impegnarmi per piacere a queste strade, tanto è lotta inutile e porta solo a perdere di vista sè stessi. Come con un amante che ti vorrebbe diversa: puoi decidere di cambiare, ma alla lunga ti perdi e vivi male. Essere sè stessi è l’unica via verso la libertà che conosco. Abito qui, ma non vivo qui. Viaggio tanto, anche e soprattutto con la mente, evito il pettegolezzo, aiuto volentieri chiunque abbia bisogno, mi interesso di ciò che accade, col lavoro che faccio non potrebbe essere altrimenti, ma cerco di non pretendere da questa cittadina più di quello che può darmi. Tranquillità, confidenza, semplicità, ripetitività. Che, tutto sommato, nel caos del mondo in cui viviamo non è poco.

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Nuovi inizi

Meditando nel silenzio. Settembre porta sempre con sè tante riflessioni e la voglia di trovare un senso nuovo. Anche se il più delle volte un senso non c’è. Si vive, si crea, si piange, si ride per la luce di un momento, che dopo poco non sappiamo spiegare. È la bellezza della nostra esistenza, che non ha confini ma li crea per poterli superare…

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Smemo

I miei figli, adolescenti liceali, non usano più il diario scolastico. Quest’anno mi hanno detto che non lo acquisteranno, perchè tanto c’è il registro elettronico e non ne hanno bisogno. Ai miei tempi, tra gli anni ’80 e ’90, il diario era invece fondamentale. Non solo per segnare compiti e lezioni, ma perchè accompagnava ogni giorno, raccoglieva frasi, oggetti, immagini.
Il mio diario era la Smemo e la comperavo a giugno, perchè andava a ruba e perchè, in questo modo, avrei potuto già iniziare a scriverci durane l’estate.
Disegni, canzoni, ritagli di giornale, cannucce, biglietti dei concerti, ingressi in discoteca, ma anche le frasi memorabili dei prof, le tracce degli amori eterni, che duravano una settimana, rabbia, paura, ansia, amicizia. C’è tutto in quelle Smemo, vere testimonianze materiali di anni complessi eppure indimenticabili. Ci sono anche tante fotografie, qualche polaroid, un po’ sfuocate, mai in posa, che non c’era il digitale, nè photoshop e i rullini costavano per essere sprecati.
Puntualmente, a dicembre la Smemo non si chiudeva più, spesso si staccava la copertina, ma questo dava l’idea del vissuto, del reale. E allora ci si ingegnava con elastici colorati, nastri, fiocchi, in una gara a chi la rendeva più bella e soprattutto unica.
Passavi dai corridoi, buttavi gli occhi nelle classi ed eccole lì, sui banchi verdi con il buco per il calamaio, a colorare le ore di inverni troppo lunghi e ora così lontani. Che belle le nostre Smemo e che bello sfogliarle oggi, a più di trent’anni di distanza, a ricordarci ciò che eravamo e ciò che ci ha resi ciò che siamo ora.
Che, in fondo, tutti noi non siamo altro che il diario colorato della nostra stessa vita.

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Vivi nascosto

Guardo il Tiggì.
Crisi di governo.
Siccità e caldo estremo.
Scioglimento dei ghiacciai, incendi e cambiamento climatico.
Covid ancora diffuso e altri virus in agguato.
Borse a picco.
Guerra in Ucraina.
Inflazione alle stelle.
E mi fermo qui, che i femminicidi, le risse tra bande, i poveri immigrati che arrivano dal mare, i buchi nelle strade, la droga, la malavita sembrano quasi situazioni normali di fronte al disastro presente.
Mi fermo e penso che resta sempre valido il consiglio epicureo del Λάθε βιώσας, Lathe Biosas, vivi nascosto, che potremmo tradurre (erroneamente ma non troppo) “fatti i cazzi tuoi e campa cent’anni”. In questo momento, lungo ormai diversi anni, i libri, la riflessione, le lunghe passeggiate nella natura, lo studio, le chiacchiere con poche e intime persone, un buon bicchiere di vino (che Epicuro boccerebbe, ma non aveva assistito a tutto lo schifo cui assistiamo noi…) sembrano essere l’unica soluzione.
Spegni tutto e dedicati a te stesso e a chi ami. Dedicati solo a ciò che vale la pena. Lascia perdere il superfluo e concentrati sull’essenziale. Cura anima e corpo per il benessere che ti danno, non per l’apprezzamento che potrebbe derivare da altri. Vivi in silenzio e ascolta. Nessuno lo fa più, in un mondo troppo impegnato a parlare senza chiedersi quale sia poi l’effetto di tanto rumore.

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Una sigaretta

Ora ascoltatemi. Accendete una sigaretta. E non importa che fumiate o meno. L’importante è che voi lo facciate. Accendetela. E non respiratela. Sapete cosa succede? Si consuma. Che voi la respiriate oppure no, lei si consuma lo stesso. Come la vita, che si consuma anche se voi non la respirate. Vi porta al filtro senza nemmeno ascoltarvi. E allora perché restare fermi? Perché restare piantati a guardarla passare? Sappiate arrivare al filtro della vita avendo dato tutto quello che c’era da dare. Godetevela. Perché esiste una sola certezza. Si consuma

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Delusione

Non sempre, a fronte di un impegno massimo, si ottiene un risultato soddisfacente. Anzi. Il più delle volte ci ritroviamo stanchi, delusi e con un pugno di mosche in mano. Ti guardi allo specchio e pensi “ma chi me lo fa fare? A che pro? Da domani cambio!” E poi, per fortuna, non cambi. Perché nulla è più deludente che darsi per sconfitti, che rinunciare a combattere, che smettere di provare e riprovare. Non arrendetevi mai, trasformate la delusione in pungolo per rimettervi in gioco, non arrendetevi alle avversità. La vita è una partita. Meglio giocarla che stare seduti in panchina a guardare.

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SOS Natura

La natura è la più preziosa delle opere d’arte e il mondo uno splendido museo aperto a tutti. Eppure ce ne rendiamo conto di rado. Quando siamo in vacanza, oppure in un viaggio esotico, o ancora, come in questi giorni, quando la natura lancia segnali d’allarme che ci colpiscono duramente. Senza la natura, senza il suo equilibrio, l’uomo non può vivere. Perché l’uomo è esso stesso natura. I filosofi naturalisti greci fissavano nella natura il principio di tutto, acqua, aria, natura infinita. Noi abbiamo con i secoli cambiato prospettiva e messo al centro l’uomo, i suoi bisogni, la sua tendenza al progresso. Nulla di male, ma è solo dall’armonizzazione tra natura e progresso che possiamo vivere su questa terra. Educhiamoci ed educhiamo in questa direzione i nostri figli, assumiamoci responsabilità, agiamo invece di parlare basta. Perché è già molto tardi.

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Maturità

Dal 1993, ovvero dall’anno precedente al mio esame di maturità, ho l’abitudine di leggere le tracce degli elaborati assegnati e di provare a svolgerle. Tutte, ovviamente. Sì, lo so, sono strana, ma scrivere mi piace e, soprattutto, mi piace mettermi alla prova anche di fronte a temi a me poco affini. Così, anche quest’anno, ho scaricato le tracce e ho iniziato a lavorarci. Non ho naturalmente già prodotto gli elaborati, per quello mi prendo un po’ di tempo, come se fosse una settimana enigmistica, però mi sono fatta un’idea. Primo, credo che quest’anno ci siano stati davvero molti spunti interessanti, a parte le analisi del testo, che mi sono apparse lontane dai ragazzi. Ammetto che la poesia di Pascoli mi abbia all’istante ricordato il mio passato da pendolare, sia sulle supposte della linea per Pavia, sia sul carro bestiame della Mortara – Milano, con la morte di ogni idillio pastorale e con il rifiuto mentale di affrontarne l’analisi. Non meglio per Verga, che la povera Nedda incarna tanta disperazione, miseria, temi che abbiamo sotto gli occhi in ogni telegiornale e non solo, cosicchè il Ciclo dei Vinti è un’attualità che faccio fatica a commentare. Scartate quindi le analisi letterarie, (che peraltro sono sempre state il mio forte, perchè meglio tuffarsi nella fiction che trattare di un’attualità spesso scomoda…) ho affrontato le altre tipologie, trovando tanti spunti interessanti. Dal razzismo del testo della Segre, ai cambiamenti climatici nell’analisi del nobel Parisi, di sicuro avrei però scelto la proposta da “Musicofilia” di Oliver Sacks. Forse influenzata dal recente concerto degli Stones, è comunque innegabile che la musica rappresenti un linguaggio universale dal valore altissimo e che la mia vita non sarebbe la stessa senza le note sul pentagramma. Che dire per esempio del Va pensiero cantato dal coro ucraino in una Odessa minacciata dai missili russi? Brividi. Interessante anche lo spunto sul Covid, scelto dal 20% dei maturandi, ma che io avrei evitato perchè non se ne può più. Sapete quando vedete e leggete le stesse cose per mesi? Che noia, che barba, tenendo conto anche che la pandemia non è finita e tutto ancora può succedere. Ma la traccia più scelta è stata quella sui social, sul mondo interconnesso, sulla nostra identità virtuale: tema attualissimo e che i ragazzi conoscono bene. Mi piacerebbe leggerli i loro elaborati, per capire il loro punto di vista, per vedere se davvero si rendano conto di opportunità e pericoli della rete. Personalmente avrei evitato anche questo tema, perchè, come per il Covid, sono satura di social. Sì, avete letto bene, lacolli.com è satura. Colpa degli ultimi due mesi, in cui la campagna elettorale ha messo in condivisione così tante parole, commenti, repliche, discussioni da riempire il mio cervello di voci, spesso inutili. Memoria piena, meglio concentrarsi sulla musica. E sulle varie ed eventuali. Che quelle, si sa, non stancano mai.

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Stones

8 anni fa come oggi.
In attesa degli Stones.
Allora a Roma, oggi a Milano.
8 anni in cui è successo di tutto, tra guerre, pandemie, siccità.
8 anni in cui siamo invecchiati, e non solo all’anagrafe. Perché la vita ti mette di fronte a tante difficoltà, scelte, problemi, rinunce. E ognuna è una piccola ruga, prima del cuore poi della pelle.
8 anni in cui mi sono illusa e disillusa mille volte, che io sono fatta così, ho fiducia nel mondo e negli uomini. E non è una dote.
8 anni in cui abbiamo visto i nostri bimbi farsi uomini e il mondo cambiare.
8 anni in cui la costante siamo restati noi due e il nostro amore per gli Stones. Per il rock. Per il blues. Per la gente negli stadi e la voglia di gridare contro il cielo.
E allora, 8 anni dopo, ancora e sempre it’s only rock n’roll but I like it ❤️