Esame di maturità al centro delle cronache. Come tutti gli anni, aggiungerei. Quest’anno siamo di fronte a una specie di gara a chi la spara più grossa. Doverosa premessa: la maturità non funziona da tempo, è molto più difficile essere bocciati che promossi, il sistema ha tante falle e andrebbe rivisto, se non cancellato. Detto questo, in questi giorni ne sentiamo di tutti colori. Da chi fa apposta scena muta all’orale, tanto lo scritto è sufficiente per passare, a chi manda una lettera al ministro per farsi abbassare il voto. Una vera propria competizione a chi trova il modo più originale per protestare e, soprattutto, per guadagnarsi like e titoli di giornale. Perché la questione è questa, la visibilità, il momento di gloria, l’algorirmo che dura il tempo di un’estate, e forse neanche, ma fa gonfiare il petto. Un tema più grande della maturità, perchè qui a emergere è una società che ha un grosso problema con i social e l’informazione, e soprattutto con la percezione di ciò che conta davvero. Poca sostanza e tanti like. La maturità, quella vera insomma, è davvero lontana.
Puff
Ho 50 anni. Già, li ho ormai da un pezzo. Sono in menopausa. Ho un po’ di osteoporosi. Devo mettere gli occhiali per leggere da vicino. Faccio la figa in palestra ma la sciatica mi dà noia, e non solo quella. Mi capita sempre più spesso di avere a che fare con gente che ha la metà dei miei anni, e non è una bella considerazione. La società ti dice che l’età è un numero. Tutte cazzate. L’età segna il passare del tempo. E più ne abbiamo alle spalle, meno ne abbiamo davanti. Vivere è bellissimo, a ogni età. Ma se sto tempo andasse più con calma, non mi dispiacerebbe. Ho un sacco di cose da fare e mi sembra che le ore mi scivolino tra le mani. Puff. Stasera sono una menosa cinquantenne, ma poi passa. Domani tornerò una trentenne nel corpo di una donna di mezza età. E andrà decisamente meglio 😉
Lutto
Le bandiere a mezz’asta sono appoggiate al balcone del municipio. Una da un lato, una dall’altra. Una sorta di sipario, che però fa da cornice a una finestra vuota. Sono giorni tristi a Mortara. In questa estate torrida, la città fa i conti con un lutto pesante, inspiegabile, per certi versi inaccettabile. Se mai si potesse scegliere se accettare o meno la morte. Un incidente si è portato via il nostro sindaco e questo ci ha lasciati attoniti. Attoniti perchè un incidente che toglie la vita è un evento sempre troppo violento perchè la mente umana lo accetti. Attoniti perchè non era mai accaduto che un nostro primo cittadino ci lasciasse in un modo così sconvolgente. Attoniti soprattutto perchè Ettore Gerosa era un mortarese conosciuto da tutti, e molto prima di diventare sindaco. In una piccola comunità come la nostra, lavorare all’ospedale come chirurgo per anni vuol dire diventare una parte fondante del tessuto sociale. Gerosa era il dutur che aveva operato centinaia di mortaresi, che aveva fatto gastroscopie, che aveva letto referti, che negli anni insomma si era fatto conoscere da tutti. E aldilà del pensiero politico, dei ruoli istituzionali, delle opinioni sull’operato (che oggi lasciano davvero il tempo che trovano), Ettore Gerosa era uno di noi. Di noi mortaresi intendo. Che da troppo tempo stiamo affannosamente cercando di salvare la nostra identità, in una città che si è trasformata, che i più vecchi faticano a riconoscere, e che pure ha ancora tantissimo da dire. E le bandiere a mezz’asta oggi sono il lutto di tutti, ma proprio tutti noi. Perchè il mondo cambierà pure, le regole anche, ma il sindaco resta il primo cittadino, che ci rappresenta, che racconta di ciò che siamo e vogliamo, che eleggiamo direttamente, che insomma scegliamo noi. C’è silenzio, come tutte le domeniche in città. Ma è un silenzio che va bene oggi. Perchè davvero non ci sono parole. Solo tanta tristezza.

Dove eravamo rimasti
Sono stata assente. Un bel po’. Ma avevo un esame da sostenere e non riuscivo a pensare ad altro. Nel frattempo la vita è trascorsa. E la scrittura mi ha aspettato. Ora si riparte. Per chi vuole leggermi. Per chi vuole commentare. Per chi insomma ha voglia di perdersi nelle varie ed eventuali.
Porta Santa
Per i 50 anni c’è chi sogna una festa, un viaggio, un gioiello. Io volevo venire a San Pietro e passare dalla Porta Santa. Non chiedetemi perché. Non lo so. Ma era ciò che più mi stava a cuore per il traguardo del mezzo secolo.
Oggi è successo. Quasi per caso. A Roma per altro, sono arrivata in Vaticano e, in un attimo, con pochissima coda, ho varcato la Porta Santa. E poi, poi ho iniziato a piangere. Come una cretina. Lí, appoggiata a una colonna. La pietà di Michelangelo a destra, l’oro accecante della Basilica tutto intorno.
Ho pianto tutta la stanchezza di questi mesi, la gioia di essere lì, l’emozione di avercela fatta. E poi ho pianto per tutte le mie lotte, le mie solitudini, la mia difficoltà a mettere le cose in fila, le mie insicurezze.
Sono stata meglio dopo? No.
Però ho realizzato un desiderio.
E direi che è già tanta roba

Struggling
Ogni giorno una battaglia.
Quando ero giovane, pensavo fosse adrenalinico lottare sempre per qualche cosa. Scuola, lavoro, sport. La vita come una competizione. Ma non con gli altri, no no. Qui l’agonismo c’entra poco. Competizione con me stessa. 😭
La mia vita è stato un rilancio continuo, come un giocatore di poker mai sazio, che continua a rimettere tutto sul piatto.
Una fatica immensa, che più volte ho cercato di allontanare. Ma niente. Sono come Ulisse, mai sazia, mai ferma, mai soddisfatta.
Credo sia una patologia, una sorta di ossessione che mi spinge a inventarmi sempre nuovi muri da saltare. E mentre studio, lavoro, corro, mi ammazzo di fatica, mi ripeto che è l’ultima volta. Ma non lo è mai.
Un criceto nella ruota.
Una donna senza tregua da se stessa.
Un folle volo senza porti, scali, mete sicure.
Una pazzia, lo so.
Ma non so, e forse non voglio, sfuggirci.
Perché mi sento viva così.
Stancamente felice ♥️
Parole di donne
Tormentate
Picchiate
Maltrattate
Condizionate
Sminuite
Limitate
Controllate
Sfruttate
Uccise
Ogni giorno donne di tutte le età devono subire questo e molto altro. Da mariti, amanti, fidanzati, conoscenti, sconosciuti, padri, datori di lavoro… e noi a scrivere di loro
a chiedere giustizia
a difenderle in tribunale
a piangerle
a criticarle
Parole, parole, parole
E qui non cambia niente
Perché sono gli uomini che devono cambiare
Siamo noi mamme che dobbiamo crescere i nostri figli con una consapevolezza diversa
È la società che deve insegnare che un no va rispettato e non è una tragedia
E invece
Parole, parole. Parole
Ciao Carlo
Seduti sul divano. Circondati da libri, tanti libri, e belle piante. A parlare di arte, della nostra Lomellina e delle tante belle cose che si potrebbero fare e non si fanno. Non avevamo mai parlato così a lungo, eppure ci conosciamo da tanti anni. Seduti sul divano a parlare ancora una volta di San Cassiano, con la bozza dell’ennesimo volume che avevi contribuito a realizzare sulla nostra città. Seduti sul divano ci siamo dati appuntamento per qualche progetto di valorizzazione della città. “Vado in ospedale ma poi ci vediamo e organizziamo qualche cosa”. Pioveva quel giorno e, mentre tornavo a casa, litigando con l’ombrello che non si apriva, ho pensato quanto fosse stata bella quella mezz’ora. Piena di cultura, arte, condivisione. Seduti su quel divano ci siamo visti per l’ultima volta. E oggi rileggo le pagine attente sull’architettura di Santa Croce e San Cassiano, l’ultimo regalo che mi hai fatto, e sono triste. Grazie Carlo, ovunque tu sia, Ogni volta che guarderò i nostri affreschi ti penserò ♥️
Abbastanza
Rilanciare, sempre. Se dovessi ripensare a questi 50 anni credo che il verbo più corretto sarebbe questo. Ogni traguardo raggiunto non è mai stato un punto di arrivo, ma uno di partenza. E non per mia volontà. Fin da piccola, mi sono sempre dovuta confrontare con il “non è abbastanza”, mai chiaramente espresso ma sempre velato dietro a sproni a fare ancora meglio. Una faticaccia. Che pian piano diventa abitudine. A cercare la perfezione, che però è inarrivabile. Un loop che ha forgiato in me quella odiosa tendenza alla prima della classe, per cui gli sbagli sono sempre stati più pesanti del dovuto. Con l’età ho imparato ad accettarli ma non a superarli. Gli sbagli sono le carte che rilanciano la sfida, che mi dicono che devo lavorare di più perché no, non sono abbastanza brava, abbastanza capace, abbastanza attenta agli altri, abbastanza insomma. Vi giuro che è stato estenuante. E che non me lo sono cercato. Ogni tanto mi viene voglia di mandare tutto all’aria che tanto, se in mezzo secolo nulla è cambiato, non cambierà mai. Poi non sono capace. E vado avanti. Abbastanza imperfetta, abbastanza bella, abbastanza brava, abbastanza. Perché quel più che buono che prendevo alle medie non riesce mai a diventare ottimo come ci si aspettava da me. E questo si è abbastanza triste. Oggi, nel giorno delle donne, ho capito che sarà sempre così. Abbastanza.

Temporale d’inverno
Domenica mattina. Svegliata di soprassalto da un tuono che ha fatto tremare i vetri di tutta la casa. Temporale. Al 26 gennaio. Mi sembrava che i temporali fossero un fenomeno primaverile ed estivo. Ma evidentemente anche questa non è più una certezza. E poi dicono che non c’è cambiamento climatico….