Notte di metà settembre. Così romantica che ricorda il testo di una canzone. O un’opera shakespeariana. Eppure ti giri e ti rigiri nel letto e questo di romantico ha ben poco. Sarà stato l’aperitivo, un colpo d’aria, fatto sta che la testa gira ma il sonno non arriva. A fianco a te un nano di un metro e quaranta che collabora alla tua veglia tempestandoti di calci. Si perché io sono l’invidia di tutte le donne, ho sempre un essere di sesso maschile nel letto, anche quando il mio lui è via. A maggior ragione. Il papi è via, si va nel lettone. E la mamma veglia, come la dea del focolare domestico. Alla quale in modo poco divino, però, dopo un po’ parte un nervoso che più che una dea si sente la Gorgone e vorrebbe impietrirlo. Alla fine mi alzo. Provo ad andare nel suo letto. Sembra funzionare, mi assopisco e faccio uno di quegli incubi da analisi freudiana a vita. Di quelli che ti svegli tutta sudata senza sapere perché. Ma questa è una canzone di Vasco e qui di vita spericolata c’è ben poco. Alle due di un sabato notte di metà settembre, seduta nel letto, decidi di alzarti. Che tanto non vale la pena. Cerchi le ciabatte. Sì le ciabatte, perché alle due di notte se non dormi ti viene addosso un freddo boia. E da legge di Murphy ne trovi una. La cerchi sotto al letto, in bagno, nel corridoio, niente. Il dramma che non l’ho ancora trovata alle dieci del mattino. A volte succede. Pufff scompaiono gli oggetti. E poi li ritrovi nei posti più impensabili. Come le mollette nel frigo, l’orologio tra i cd, le calze in tasca al cappotto. E pure l’intimo dato per perso e ritrovato l’anno dopo al cambio armadi sul fondo di una borsa. E vi giuro che non ho idea di come sia finito lì. Comunque mi alzo senza ciabatte, piedi freddi, e giro come uno zombie per casa. Che fai alle due del mattino? Il cervello funziona male a quell’ora. Cucinare? Mi viene la nausea all’idea. Mestieri? Non sto in piedi. Inciampo pure nel tappeto e vado a sbattere contro lo spigolo del tavolo. Fumetto con fulmini e saette. Decido di leggere. E mi viene sonno. Dieci minuti dopo, però, ancora sveglia. E allora inizi a pensare. E lacolli pensante alle tre del mattino è uno dei danni maggiori. Più del buco dell’Ozono o dell’inquinamento dei fiumi, più della puzza dei fanghi Lomellini e della D’Urso alla domenica pomeriggio. Si perché alle tre del mattino lacolli diventa Gollum e si sente vittima della società e scrive le cavolate che poi leggete voi. E più si gollumizza e più si sveglia e da pasionaria è pronta alla rivoluzione. Alle cinque decido di farmi una tazzurella di caffè, aspetto l’alba, sul balcone, un freddo pazzesco altroché brezza di metà settembre. Ma ormai la notte è andata. Alle sei mi appallottolo a fianco al terrorista nel mio letto, che mi dice “Mamma, ma come sei venuta a letto tardi…” E a quel punto pensi che quei nove mesi avresti potuto spenderli diversamente, che sommando il costo di pannolini, passeggino e amenità varie avresti potuto fare il giro del mondo in quei nove mesi. E stanotte dormire. Nel tuo letto. E non è finita. Alla fine ce la fai. Morfeo si ricorda di te. Passa un’ora e lui chiama. Domenica mattina alle otto. Chiama e insiste. Il telefono nell’altra stanza. “Ti ho svegliata?” Dice con voce suadente. E a quel punto, il giro del mondo cominci a programmarlo. Sì. Da sola. Camera singola. Letto da mezza piazza….
Ironica, sardonica, sarcastica!
Disperatamente assonnata 😃