Black Friday. Blec fraidei per i non anglofoni. Che la pronuncia è importante. Ovvero negli Stati Uniti il venerdì dopo il Thanksgiving in cui tutti sono a casa da lavorare e i negozi fanno mega sconti. Dimostrazione lampante del perché gli americani saranno sempre un passo avanti: fissano una delle feste più importanti della loro tradizione di giovedì, così da avere garantito un bel ponte per smaltire tacchino, mush potetoes e cheese cake. Così anche il labour day, la festa dei lavoratori, il primo lunedì di settembre, che un week end lungo a fine estate non è male. E noi lì a fare la conta dei ponti per mettere giù le ferie. Altro livello. Comunque black friday. Carte di credito a lucido, e la crisi ci fa un baffo. Che ai miei tempi i saldi erano a gennaio e a luglio, adesso non si capisce più una mazza e dobbiamo pure importare sto venerdì nero da Trump per vedere di far girare un po’ l’economia. Anche se a farla da padrone sarà al solito internet, dove gli sconti ci sono per le feste americane, francesi, inglesi, cinesi. No cinesi no. Per quelli basta andare al Best One (supermercatone china del mio paese, dove trovi dallo spillo alla pelliccia) ed è black, anzi yellow, da lunedì a domenica. E se non ci fosse questa colonizzazione selvaggia a mandorla del blec fraidei non avremmo bisogno. Vi auguro buono shopping allora. Per lacolli il venerdì è di mercato, quello della mia città. Con buona pace del tacchino.