Tra millenials, generazione Z e baby boomers, ci siamo noi. La generazione dell’11 settembre. Noi che nel 2001 avevamo tra i 20 e i 30 anni ed eravamo pronti a conquistare il mondo. Noi che eravamo cresciuti con le sit com americane, con l’idea che gli States fossero il Paese dove i sogni si avveravano, la nazione del self made man e di wonderwoman. Noi che avevamo il globo in mano, la testa piena di viaggi e la voglia di conoscere tutto. Noi figli degli anni 80, della Milano da bere, della caduta del muro. Una grande illusione, piena di crepe e ingiustizie, ma a vent’anni puoi e devi essere illuso. Un mondo crollato, in poche ore, insieme ai due grattacieli di New York. Sbriciolato. Annientato. L’11 settembre siamo diventati adulti, in un attimo. Abbiamo fatto i conti con la guerra, il terrorismo, la precarietà, la paura. Ci siamo sentiti stupidi e persi. E da lì siamo ripartiti. Disillusi, rassegnati, ridimensionati. Curiamo il nostro orticello, che il mondo non è così figo come sembra. E quando abbiamo ricominciato a sognare, con figli e famiglia, mentre gli acciacchi iniziavano a ricordarci che non siamo eterni, ecco il Covid. La Dad, i nostri adolescenti in crisi, le strade deserte e una paura blu di darci un bacio. La pandemia ha completato il lavoro delle Torri Gemelle, insieme al casino internazionale e alle tensioni interne degli ultimi anni. Così, nostro malgrado, abbiamo dovuto accettare che non siamo invincibili. Anche se in fondo non smetteremo mai di crederci. Perché se siamo sopravvissuti a queste tragedie, bè possiamo arrivare ovunque. Noi, la generazione dell’11 settembre.
Praga
Alba di un lunedì di fine agosto. Stanza d’albergo nel centro di Praga. Tutti dormono, russicchiando e inseguendo sogni che scorderanno appena suonerà la sveglia. La luce che filtra dalle tende pesanti mi ha svegliato qualche minuto fa. Dormo solo se il buio è totale e tanto tra poco sarà giorno per tutti. Inganno l’attesa leggendo i giornali, come tutte le mattine, cercando di mantenere il distacco delle ferie: guerre, gaffes, casi di cronaca irrisolti. Niente di nuovo insomma. Il mondo va avanti per la sua strada e, per fortuna, faccio parte di quella maggioranza che non entra nella stanza dei bottoni. Sono solo una spettatrice, anche se il mio carattere da rivoluzionaria si infiamma un giorno si e l’altro pure per le tante ingiustizie che si vede passare davanti. Il mio mondo è in questa stanza. Un mini appartamento che contiene ciò di cui non posso fare a meno. La mia famiglia. Credo sarà l’ultima volta che viaggeremo tutti insieme. Sono grandi ormai, percorreranno la loro strada, così come noi lo abbiamo fatto trent’anni fa, partendo proprio dalle vie della Mala Strana di Praga. Eppure vorrei cristallizzare questo momento. L’alba, a Praga, e il cielo in una stanza.
In viaggio
Sono una donna con la valigia. Viaggiare è ciò che più mi appassiona, così come scrivere dei miei viaggi. Per i miei 50, non ho avuto dubbi. Niente feste, gioielli, torte giganti o disco per giorni. Un viaggio. On the road, in mezzo alla gente e alle storie di tante persone che incontri per caso. Tra arte, cultura, cibo, natura. Ma soprattutto un viaggio con i miei tre uomini. Questo è il vero regalo. Con Luca, da 31 anni al mio fianco e da trenta in viaggio con me; con Leo, folle storico mai sazio di sapere, tre libri in valigia e mille domande al mondo; con Lory, il nostro doc dolce e scanzonato, la voglia di capire come funzionano le cose, il meccanismo della vita e della natura, il piccolo che ormai è diventato un uomo. Ecco, loro sono il mio viaggio più bello, loro la mia ricchezza. Loro il mio mezzo secolo in questo mondo senza fine ♥️

Maturità sconosciuta
Esame di maturità al centro delle cronache. Come tutti gli anni, aggiungerei. Quest’anno siamo di fronte a una specie di gara a chi la spara più grossa. Doverosa premessa: la maturità non funziona da tempo, è molto più difficile essere bocciati che promossi, il sistema ha tante falle e andrebbe rivisto, se non cancellato. Detto questo, in questi giorni ne sentiamo di tutti colori. Da chi fa apposta scena muta all’orale, tanto lo scritto è sufficiente per passare, a chi manda una lettera al ministro per farsi abbassare il voto. Una vera propria competizione a chi trova il modo più originale per protestare e, soprattutto, per guadagnarsi like e titoli di giornale. Perché la questione è questa, la visibilità, il momento di gloria, l’algorirmo che dura il tempo di un’estate, e forse neanche, ma fa gonfiare il petto. Un tema più grande della maturità, perchè qui a emergere è una società che ha un grosso problema con i social e l’informazione, e soprattutto con la percezione di ciò che conta davvero. Poca sostanza e tanti like. La maturità, quella vera insomma, è davvero lontana.
Puff
Ho 50 anni. Già, li ho ormai da un pezzo. Sono in menopausa. Ho un po’ di osteoporosi. Devo mettere gli occhiali per leggere da vicino. Faccio la figa in palestra ma la sciatica mi dà noia, e non solo quella. Mi capita sempre più spesso di avere a che fare con gente che ha la metà dei miei anni, e non è una bella considerazione. La società ti dice che l’età è un numero. Tutte cazzate. L’età segna il passare del tempo. E più ne abbiamo alle spalle, meno ne abbiamo davanti. Vivere è bellissimo, a ogni età. Ma se sto tempo andasse più con calma, non mi dispiacerebbe. Ho un sacco di cose da fare e mi sembra che le ore mi scivolino tra le mani. Puff. Stasera sono una menosa cinquantenne, ma poi passa. Domani tornerò una trentenne nel corpo di una donna di mezza età. E andrà decisamente meglio 😉
Lutto
Le bandiere a mezz’asta sono appoggiate al balcone del municipio. Una da un lato, una dall’altra. Una sorta di sipario, che però fa da cornice a una finestra vuota. Sono giorni tristi a Mortara. In questa estate torrida, la città fa i conti con un lutto pesante, inspiegabile, per certi versi inaccettabile. Se mai si potesse scegliere se accettare o meno la morte. Un incidente si è portato via il nostro sindaco e questo ci ha lasciati attoniti. Attoniti perchè un incidente che toglie la vita è un evento sempre troppo violento perchè la mente umana lo accetti. Attoniti perchè non era mai accaduto che un nostro primo cittadino ci lasciasse in un modo così sconvolgente. Attoniti soprattutto perchè Ettore Gerosa era un mortarese conosciuto da tutti, e molto prima di diventare sindaco. In una piccola comunità come la nostra, lavorare all’ospedale come chirurgo per anni vuol dire diventare una parte fondante del tessuto sociale. Gerosa era il dutur che aveva operato centinaia di mortaresi, che aveva fatto gastroscopie, che aveva letto referti, che negli anni insomma si era fatto conoscere da tutti. E aldilà del pensiero politico, dei ruoli istituzionali, delle opinioni sull’operato (che oggi lasciano davvero il tempo che trovano), Ettore Gerosa era uno di noi. Di noi mortaresi intendo. Che da troppo tempo stiamo affannosamente cercando di salvare la nostra identità, in una città che si è trasformata, che i più vecchi faticano a riconoscere, e che pure ha ancora tantissimo da dire. E le bandiere a mezz’asta oggi sono il lutto di tutti, ma proprio tutti noi. Perchè il mondo cambierà pure, le regole anche, ma il sindaco resta il primo cittadino, che ci rappresenta, che racconta di ciò che siamo e vogliamo, che eleggiamo direttamente, che insomma scegliamo noi. C’è silenzio, come tutte le domeniche in città. Ma è un silenzio che va bene oggi. Perchè davvero non ci sono parole. Solo tanta tristezza.

Dove eravamo rimasti
Sono stata assente. Un bel po’. Ma avevo un esame da sostenere e non riuscivo a pensare ad altro. Nel frattempo la vita è trascorsa. E la scrittura mi ha aspettato. Ora si riparte. Per chi vuole leggermi. Per chi vuole commentare. Per chi insomma ha voglia di perdersi nelle varie ed eventuali.
Porta Santa
Per i 50 anni c’è chi sogna una festa, un viaggio, un gioiello. Io volevo venire a San Pietro e passare dalla Porta Santa. Non chiedetemi perché. Non lo so. Ma era ciò che più mi stava a cuore per il traguardo del mezzo secolo.
Oggi è successo. Quasi per caso. A Roma per altro, sono arrivata in Vaticano e, in un attimo, con pochissima coda, ho varcato la Porta Santa. E poi, poi ho iniziato a piangere. Come una cretina. Lí, appoggiata a una colonna. La pietà di Michelangelo a destra, l’oro accecante della Basilica tutto intorno.
Ho pianto tutta la stanchezza di questi mesi, la gioia di essere lì, l’emozione di avercela fatta. E poi ho pianto per tutte le mie lotte, le mie solitudini, la mia difficoltà a mettere le cose in fila, le mie insicurezze.
Sono stata meglio dopo? No.
Però ho realizzato un desiderio.
E direi che è già tanta roba

Struggling
Ogni giorno una battaglia.
Quando ero giovane, pensavo fosse adrenalinico lottare sempre per qualche cosa. Scuola, lavoro, sport. La vita come una competizione. Ma non con gli altri, no no. Qui l’agonismo c’entra poco. Competizione con me stessa. 😭
La mia vita è stato un rilancio continuo, come un giocatore di poker mai sazio, che continua a rimettere tutto sul piatto.
Una fatica immensa, che più volte ho cercato di allontanare. Ma niente. Sono come Ulisse, mai sazia, mai ferma, mai soddisfatta.
Credo sia una patologia, una sorta di ossessione che mi spinge a inventarmi sempre nuovi muri da saltare. E mentre studio, lavoro, corro, mi ammazzo di fatica, mi ripeto che è l’ultima volta. Ma non lo è mai.
Un criceto nella ruota.
Una donna senza tregua da se stessa.
Un folle volo senza porti, scali, mete sicure.
Una pazzia, lo so.
Ma non so, e forse non voglio, sfuggirci.
Perché mi sento viva così.
Stancamente felice ♥️
Parole di donne
Tormentate
Picchiate
Maltrattate
Condizionate
Sminuite
Limitate
Controllate
Sfruttate
Uccise
Ogni giorno donne di tutte le età devono subire questo e molto altro. Da mariti, amanti, fidanzati, conoscenti, sconosciuti, padri, datori di lavoro… e noi a scrivere di loro
a chiedere giustizia
a difenderle in tribunale
a piangerle
a criticarle
Parole, parole, parole
E qui non cambia niente
Perché sono gli uomini che devono cambiare
Siamo noi mamme che dobbiamo crescere i nostri figli con una consapevolezza diversa
È la società che deve insegnare che un no va rispettato e non è una tragedia
E invece
Parole, parole. Parole
