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Giallo e verde

E poi, in un tramonto qualunque di metà settembre, mentre il cielo ha deciso di dire la sua ed è di un blugrigionero che non riesci a definire, ti scopri innamorata di questa terra. Questa terra che hai sempre voluto lasciare e che ti ha tenuto legata a sè come un amante geloso, questa terra fatta di acqua, umida e nebbiosa, che d’estate specchia le montagne e d’autunno si immerge nella nebbia degli antichi cavalieri. Questa terra che questa sera si estendeva dalle Alpi del rosa agli Appennini laggiù, in alto il cielo tempestoso, sotto i campi gialli e verdi, ma di un giallo giallo e di un verde verde, che non lo trovi neanche nella confezione da 36 dei pastelli Giotto. Questa terra che profuma di terra, e non è una rindondanza, profuma di terra che anela la pioggia, e nelle giornate calde d’estate profuma di afa e zanzare, e nella nebbia che bagna i capelli il viso l’anima, profuma di nebbia, che è acqua, vapore, freddo ma non troppo, erba bagnata, un eau de toilette che nessuno potrebbe mai riprodurre ma che non ti togli di dosso. E in fondo ti piace. Perché è la tua e tu sei sua. E sai che ovunque tu vada, per quanto la rinneghi e la allontani, non ci sarà mai paesaggio alba o tramonto che tu senta tuo come quello di stasera. Coi lampi a squarciare il cielo. E la terra lí, immobile, ad aspettare. E il vento che soffia e stacca le prime foglie di un grosso platano…

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Seven

Seven.

Avarizia. Di denaro. Ma quella conta poco, non spendi, accumuli, saranno ben fatti tuoi. Sono gli avari di sentimenti a dilagare, gli egoisti e gli incapaci di un brivido. Quelli che non sanno vivere il bordo vertiginoso delle cose.Superbia. Facebook, Instagram, what else? Un’overdose di ego. E poi ci parli e non ce n’è uno che si piace. Che capire chi ci fa e chi ci è diventa sempre più difficile.

Ira. Sempre tutti incazzati. In posta fai la coda, e la gente reclama, in auto, rischi la vita se non parti quando il semaforo accenna il verde, la crisi e i musi lunghi. Sempre più notizie di gente in preda a raptus, che la pazienza è figlia dell’altruismo e qui invece egoismo a manetta.

Gola. Ci piace mangiare e bere. Degustare però. Non divorare. Materialmente ma soprattutto emotivamente. Non emozioni in overdose ma un distillato continuo e soffuso di piaceri quotidiani. Ma si sa, il tutto subito é meglio del poco con calma.

Lussuria. Sesso e basta. Facile scontato stonato. Niente poesia, quella è noiosa. Niente sussurri e brividi dolci, perdi tempo. Obiettivo chiaro e diretto come prima più di prima, da ambo i sessi.

Accidia. Che non ho mai ben capito cosa sia. Ma in fondo é il vizio più diffuso. Essere inconcludenti, arrendevoli. Famiglie intere ce ne sono. Va bè la crisi, ma quando ci decidiamo a reagire?

Invidia. Si salvi chi può. Se sgobbi e hai successo ti invidiano, se sei in forma ti invidiano, se hai una famiglia ti invidiano, se sei single e hai relazioni ti invidiano. Sempre e comunque farsi i fatti degli altri. La sorte altrui come metro del proprio vivere. Mai visto nulla di più stupido. Mai ritenuto nulla più inutile e difficilmente comprensibile al mio pensare. Invidiatemi, sì, perché non invidio niente e nessuno.

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Avrei voluto 

Avrei voluto i capelli lisci e sono una riccia senza speranza. Avrei voluto essere alta e sono tascabile. Avrei voluto avere le tette e la mia seconda scarsa deve tutto a sant’Intimissimi. Avrei voluto essere intonata e rovinerei la hit del secolo alla prima nota. Avrei voluto farmi scivolare i problemi addosso e sono capace di arrovellarmi giorni su un aggettivo o una parola pronunciata con un tono diverso. Avrei voluto essere l’amica che tutti cercano e se non scrivo o chiamo il telefono rimane muto per giorni. Avrei voluto essere indipendente ed egoista e non so stare da sola. Avrei voluto avrei voluto avrei voluto. Come tutti in fondo. Passiamo la vita a cercare di essere altro senza renderci conto di quanto sia fantastico accettarci, così, semplicemente. Finché arriva presto o tardi il momento in cui, guardandoti allo specchio, ti vedi, e ti vai bene. Così. Riccia bassa piatta insicura sensibile testarda. E ti senti incredibilmente bella. E leggera. Come il cielo azzurro di oggi ripulito dall’aria sottile di settembre. 

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Corteggiamento

Il corteggiamento nel mondo animale segue regole ben precise e in molti casi affascinanti, si tratta spesso di vere e proprie danze nell’aria, di colori sgargianti, di odori che si cercano e si fondono. Etologia animale, scientifica in effetti, precisa e lineare. E in quanto animali anche noi uomini seguiamo spesso un copione. Che ha sempre il fine ultimo della riproduzione. Fin qui Piero Angela e Quark. Poi arriva la De Filippi di Uomini e Donne e entriamo nel vivo del cosiddetto corteggiamento maschile nel XXI secolo. Cosiddetto perché, per usare un linguaggio più consono, a batterla a una donna bisogna essere capaci. Non c’é storia. Poi, per carità, magari il risultato lo porti a casa lo stesso, conta il fine e non il mezzo, ma ragazzi c’é mezzo e mezzo. Premettiamo che noi donne adoriamo essere corteggiate, ricevere complimenti, fosse anche un Ciao bela per strada, un fischio da un’impalcatura, ci piace un sacco. Se no perché passeremmo ore in palestra, parrucchiere, estetista, un armadio come uno store di Zara, trucco e parrucco? Si si ok l’amor proprio, ma siamo oneste, l’attenzione maschile ci lusinga. In ogni caso. O quasi. Si perché un conto è il commentino per strada, un conto è il caterpillar che ti aggancia tipo radar aereo e tenta in tutti i modi di infilare il missile. Senza la minima allusione, diretto come un Freccia Rossa. Fregandosene del luogo e del fatto naturalmente che io indossi una fede simile all’anello di Bilbo nel Signore degli anelli, grande e pesante, insomma si vede. Ma quello ho capito essere un dettaglio di poco conto, il battitore libero mira a portare a casa il successo. E ci prova in un locale serale, con le battute sul fisico, prima un po’ più timide poi così dirette che vorresti dirgli ma ti rendi conto cosa stai dicendo? Ma magari ha bevuto e passi oltre. In disco è un po’ tutto concesso. In palestra decisamente meno. Ci vado per allenarmi. Se ti attacchi tipo cozza mentre lo faccio un po’ mi da fastidio. Se sono carina e gentile è carattere, non vuole dire che devi commentare il mio lato B nel più scurrile dei modi. Perché questo ragazze urta un po’, tenendo conto che a farlo non sono i ragazzini ma quelli che una volta erano uomini di mezza età, adesso siamo tutti ragazzi, anche a 50 anni. Ma il peggio è al lavoro. Ufficio pubblico. Tanta gente. Le proposte mentre ti faccio un documento anche no. Con aria sorniona ti dice che se vuoi potete controllare se i dati sono giusti prendendo un aperitivo, che sei vestita bene, che verrà in questo ufficio più spesso…A questo punto penso che forse dovremmo essere davvero più scostanti e tirarcela da qui a Roma, perché a dare corda uno si prende spazi che non ci sono. E poi ripeto, il modo. Provate coi doppi sensi se proprio deve essere, fatelo a piccole dosi, siamo signore insomma, il nudo e crudo non ci va, siamo in grado di capire se può essere e voi anche. Se rispondiamo a monosillabi vuol dire che non c’é storia, passate oltre, esercitatevi con vostra sorella, mamma, zia. Lo dico per voi. Perché il confine tra galanteria e tammarraggine è sottile come una velina e basta un aggettivo per rovinare tutta la vostra fatica. Capito?

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Caldo

I primi assaggi di autunno. Proprio una mini degustazione per ora, che personalmente anelo dopo il caldo di questa estate che mi ha decisamente prostrato. Perché togli togli, per quanto minimal e sull’orlo della denuncia per oltraggio al pudore, a una certo punto abbiamo sudato anche per battere le palpebre. E poi basta vedere gente che fa il bagno anche nella pipì del cane, voi non avete idea cosa voglia dire lavorare con la vista di una fontana animata tutto il giorno da bambini, e non solo, che ci saltano in mezzo, fanno la doccia, il bidet e altre amenità. Va bene che il Tg parla solo delle fontane romane e dei turisti che le hanno prese per l’Acquafan, ma anche nella nostra Lomellina i cultori del bagno tra le bellezze architettoniche non mancano. Per non parlare del Naviglio. Arrivi ad Abbiategrasso e ti accoglie, lì, a bordo strada, la visione di tanta carne cui faresti volentieri a meno, short, bikini, mutandoni e reggiseni. Sembra un girone dantesco. Fosse almeno roba bella alla vista potresti pensare che stiano girando una pubblicità. E invece no. L’anti palestra, dieta sana, e soprattutto l’anti decenza. E ve lo dice una che normalmente passa e va oltre, che non si cura di quello che fanno gli altri e che desidererebbe che anche gli altri lo facessero, a dire il vero. Ma la scena del tipo di mezza età che alle tre del pomeriggio arriva inizio naviglio con la bici vestito delle sole mutande, ed erano slip vi assicuro, non costumino sexy bianco, fisico non propriamente tonico, tintarella ufficio, mette giù la bici e con nonchalance fa il carpiato, anzi la panciata, in Naviglio, ti lascia a bocca aperta. Talmente assurdo che anche i bambini urlano “ei mamma guarda, siamo a Paperissima!” No figlioli, non è la TV e non è fiction. È la realtà. Ci sono tante belle rogge in campagna, tante spiaggette a Ticino, cosa ci vuole, tutte meglio della rotonda di Abbiategrasso scambiata per l’occorrente con l’Idroscalo. Con tanto di borsa frigo e parmigiana. Ma forse è il nuovo trend e me lo sono perso. Recupererò la prossima estate, zona darsena per essere più cool. Intanto, benvenuto settembre….

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L’estate sta finendo

Trent’anni e non sentirli L’estate sta finendo. E allora, sdraiati sui letti dei bambini, scatta il mood dei successi anni 80. E via con Sandy Marton e People from Ibiza, Madonna di True Blue, i Simple Minds e gli Europe. Ballando e cantando in una sera piovosa. E poi Jovanotti di Gimme Five, che ti ricorda sempre quel tizio in vacanza studio con te a Londra che il terzo giorno di soggiorno aveva speso tutti i soldi per una chitarra elettrica e aveva poi passato le due settimane successive ad hamburger a sbafo. Ma una chitarra da Carnaby Street vuoi mettere? Un quarto di secolo è passato e me lo ricordo come ieri. Grandissimo. Nuovo giro su YouTube e salta fuori Nick Kamen, Each time you break my hearth, che altroché Gabriel Garko, il poster grandezza naturale e Cioè in mano con le istruzioni su come si faceva a limonare. E allora lui tira fuori per controbattere Patsy Kensit I’m not scared, ok ok grande personale. E intanto i due legittimi proprietari della stanza ci guardano da dietro i libri un po’ schifati, sta roba vecchia, preistoria. Un po’ come facevo io quando mia mamma ballava e cantava i Dik Dik o Mal dei Primitives. Forse meglio gli Stones che mettono d’accordo tutti. Ma adesso vi lascio, Cindy Loper “girls just want to have fun”…come fai a 

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Letture

Letture estive. Un’abitudine vecchia una vita per me. Che i libri sono la prima cosa che infilo in borsa prima di una vacanza. Immancabili nella cesta della spiaggia, da sempre. Ragazzina in riva al mare, asciugamano, pancia in sotto, occhiali, libro. Un tuffo ogni tanto e poi di nuovo immersione nelle righe. Che tutti i libri di quegli anni sono rovinati dall’acqua, pieni di granelli di sabbia, vissuti si dice. A volte perfino sulla piattaforma, nuotando con un braccio e con l’altro tenendo sollevato il sacchetto con dentro la mia compagnia preferita. A nutrirmi di storie. Robetta tipo “Jane Eyre”, “Cime Tempestose”, “Anna Karenina”…e poi autori come Guy de Maupassant, Hesse, D’Annunzio…che poi una si crea un ideale sentimentale un po’ alterato, da romanzo d’appendice, e a tredici anni sono fondamentali che pesano. Alle mamme delle femmine, attente alle letture, su certe bisognerebbe scrivere vietato ai minori di, che da giovani ste paladine del sentimento ti influenzano più delle cosiddette compagnie sbagliate. Che poi cresci con il mito del principe azzurro e dell’amore che trionfa sempre. E non é una bella cosa. E a dare il colpo di grazia arriva il liceo classico e le eroine alla Medea e Antigone. Oggi forse avrei letto “50 sfumature di grigio”, sempre un po’ deviante ma perlomeno più divertente e dagli esiti decisamente meno tragici. Non lo so. Viste le fregature da sentimentalista scollata dalla realtà, col tempo mi sono dedicata ai gialli, thriller e più c’é sangue meglio è. Insomma alla realtà. Dal pink al noir, da Beautiful a Quarto grado. Che amarezza….

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Tiffany & co.

Giornata uggiosa. Giretto al mercato ligure. Bancarella di collanine, braccialetti, perline. In pieno Amarcord, sognante, guardi il tuo lui e “da ragazzina venivo sempre qui a comperare tutte queste cosine, colorate, vivaci, che tempi!” Lui ti lascia finire e con giusto un velo di ironia ribatte “adesso vai da Tiffany sulla Fifth Avenue…”…touchè…capitano 1-lacolli 0 (per la serie mi rinfaccerà a vita un peccatuccio giusto per sentirmi come Audrey…)

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Rincorrendo pensieri

Ombrellone, lettino, bordo piscina in un caldo sabato di luglio. Niente da leggere. Cellulare nella borsa, social anche loro in relax per un po’. Occhi chiusi sotto gli occhiali scuri e davvero voglia di isolarsi dal mondo. E per un po’ ci riesci. Seguendo l’onda di un pensiero che da un paio di giorni rincorri ma nel trambusto del rientro da un lungo viaggio non riesci a portarlo fino in fondo. Capita spesso, una riflessione, un’illuminazione troncata dalla necessità del contingente. A volte non ritorna, e allora la lasci sfuggire perché forse non era così forte da meritare un cassetto della tua mente. Altre volte invece si ripresenta e man mano ne aggiungi un pezzetto, interrotta dalla voce di tuo figlio, dal suono della pentola a pressione che prima o poi davvero esplode, dal telefono che sembra non dare tregua. Eppure non se ne va. E con tutti questi rimandi fai fatica a darle forma, come tutti i lavori portati a termine con continue interruzioni, hanno un che di raffazzonato. E un pensiero non può essere raffazzonato. E allora in questo pomeriggio di apparente tranquillità, cerchi di riprenderlo da dove è iniziato e di portarlo per mano alla sua conclusione. Se una conclusione ce l’ha. E a quel punto arriva la doccia fredda. Inaspettata. Non metaforica. Purtroppo. Sí perché in un caldo pomeriggio di luglio ai tuoi uomini non sembrava giusto lasciarti rosolare al sole in silenzio a fantasticare, pensavano ti sentissi trascurata, accaldata, triste insomma. E allora cosa c’é di meglio di una secchiellata d’acqua corroborante? Alle spalle, che non te l’aspetti, uno shock termico che congela qualunque idea, pensiero, e anche i neuroni residui. Pure quelli omicidi nei confronti dei due mattacchioni che hanno ideato il tutto, perché li vedi ridere così di gusto, così belli che in fondo li ringrazi perché ti hanno rinfrescato. Potere dell’amore, capace di trasformare la sensazione più sgradevole in miele dolcissimo. Che poi il pensiero che ronzava in fondo era questo. Dionisiaca o apollinea? Il cuore o la testa? Sentimento o ragione? Una secchiata d’acqua ha risposto che il cuore, in un modo o nell’altro, la vince sempre…