Seduta in una panchina sotto al viale, aspetto che mio figlio termini l’esame orale di terza media. Non ha voluto che entrassi ad assistere, già tanto che mi abbia permesso di accompagnarlo, ma io ho sempre fatto lo stesso. Non ho mai voluto nessuno ad assistere alle mie prove, nessuno dei miei affetti intendo, me la sono sempre voluta vedere da sola, ho sempre avuto il timore che mi sarei emozionata troppo. Qui fuori, un vagone di pensieri. Lui piccolo, appena nato, e la fatica di farlo uscire, che non mi capacito mai di come uno scricciolo come me abbia potuto contenerlo. Poi lui, con i libri in mano, sempre, libri nascosti sotto al letto, libri a tavola, libri in auto, libri, giornali, giornalini. DNA. Il mio. Passione totale. E poi io. Alle medie. Il ricordo delle emozioni da adolescente. In questo stesso viale, dove sono seduta ora. Non mi commuovo. Non so come è, ma io non ho mai pianto per i traguardi dei miei figli. Sorrido. Felice. Fiera di loro e di ciò che sono. Nella speranza che imparino ad essere liberi, ma rispettosi degli altri. Ambiziosi, ma mai cinici. Forti, ma non prepotenti. Unici e consapevoli di esserlo. Belli, come solo una mamma può vederli.