Da madre spero che i miei figli abbiano la voglia e il coraggio di inseguire i loro sogni. Che sappiano tirarsi su le maniche e studiare, lavorare, credere in un progetto di vita, imparare a rialzarsi dopo una, due, dieci cadute, non arrendersi mai. Spero che i miei figli siano cittadini del mondo e sappiano apprezzare le differenze fra Stati, società, religioni, tradizioni. Che la loro mente sia aperta e curiosa, basata sui valori che fin da piccoli sto cercando di trasmettergli, valori semplici, il rispetto dell’altro, il senso civico, la disponibilità verso chi ha bisogno. Ecco perché la morte di Antonio Megalizzi mi ha colpito nel profondo. Non lo conoscevo, non l’ho mai ascoltato come giornalista, non avrei neanche il diritto di parlarne. Ho letto però la sua biografia, come tanti in questi giorni, e ho visto in lui quello che vorrei per i miei figli. L’ho visto nel suo sorriso. Quello di un uomo di 29 anni che con entusiasmo sta raccontando quell’Europa che tutti invece denigrano. E che non potrà più farlo. Per un proiettile che ha colpito lui come avrebbe potuto colpire qualunque altro dei passanti. Un colpo a caso. Una morte inspiegabile. Spero che i miei figli sorridano un giorno come lui, entusiasti come lui, intraprendenti come lui. In un mondo diverso però. Perché in questo, davvero, sognare sta diventando sempre più difficile.