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Tentativi 

Lui era lì e la guardava con aria interrogativa. Ci sono domande inutili da pronunciare perchè gli occhi le sanno formulare decisamente meglio. Ecco gli occhi. Come si fa a sostenere uno sguardo così? Si chiedeva lei. Che non abbassava mai la testa, che la vita la guardava diretta in faccia perchè gli struzzi non li aveva mai sopportati. Nel bene e nel male. Però davanti a quegli occhi si complicava in fondo tutto. Si complicavano i pensieri e pareva che i neuroni festeggiassero il loro primo maggio, encefalogramma piatto. Si complicavano le parole, che non uscivano. Tutti quei discorsi preparati, convinti, provati perfino davanti allo specchio, che avrebbero convinto chiunque, quei discorsi che fine avevano fatto? Non li trovava più. Non trovava più nulla. Solo quello sguardo e una certezza, che non voleva farne a meno. Perchè se nel mondo fa tutto schifo, se altri sembrano decidere della tua vita, della tua morte, se sembra una democrazia ma poi siamo tutti in fondo schiavi del fine mese e delle scadenze continue, ecco in questo annaspare, se due occhi ti guardano così a cosa serve resistere? Voi vivete pure delle vostre razionali concretezze, io delle mie irrazionali cazzate. Ecco questo era il suo unico pensiero. E alla domanda da lui mai pronunciata, era solo un bacio una risposta. Uno di quei baci. Sì quelli lì. E al resto penseremo domani, forse.

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Venerdì 

Venerdì mattina.La sveglia te la danno i vicini di sopra che combattono la solita battaglia a suon di complimenti che variano dal mondo animale a quello fisico, con tanto di riferimenti a tutto il parentado.

Venerdì mattina.

Ti cadono nell’ordine un piatto due posate il tappo del dentifricio e la crema viso, che meno male non si rompe che mi costa quanto un week end al mare. La mamma dice che quando cadono le cose qualcuno ti pensa. Ecco, grazie per l’affetto ma così siete in troppi.

Venerdì mattina.

Se per tutti il mattino ha l’oro in bocca, per me ha l’aulin, che sta nebbia ha risvegliato la mia cervicale da adolescente e devo ricostruirmi tipo lego tutte le mattine.

Venerdì mattina.

Decidi di fare la figa e di metterti il vestitino. A) avevi trent’anni quando l’hai comperato, adesso, come si dice hai cambiato forma, e si è accorciato in maniera preoccupante. Filo interdentale ecco. B) però vuoi mettere proprio quello e smetti di respirare, così entra e pian piano, forse, si adatterà a te. Al massimo apro la cerniera, nuovo trend fashion blogger primavera 2017. C) smagli la calza, e pure in più punti, ma dal momento che non sono previsti incontri ravvicinati (e anche se lo fossero la calza smagliata la notiamo noi che loro strappano via tutto e bon) ecco va bene così.

Venerdì mattina.

Pronta ad uscire. Inizia il week end. Pure di carnevale. Indossiamo un bel sorriso allora. Che in fondo è la maschera più bella e meno cara di tutte.

Buon fine settimana miei cari ❤️

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Attesa

Aspetto. Un appuntamento sempre rimandato. Un treno che non passa mai dalla mia stazione. Un bacio promesso. Una lettera con la carta ruvida. Aspetto. Che qualcuno si accorga dei miei pensieri. Che arrivi la primavera e i fiori sull’albero in fondo alla via. Che un amico mi telefoni senza motivo. Che il libro che sto scrivendo trovi il coraggio di vivere. Aspetto. Qui seduta. In un centro commerciale. Tra vetrine piene di saldi che non vedo. Con una borsa di plastica in mano che contiene la mia cena. Il telefono in mano. Aspetto. Forse qualcuno. Forse qualcosa. Di sicuro ancora per poco. Perché io odio aspettare. Non si vive aspettando. Ecchecavolo. Se il treno non passa ne prendo un altro, da qualche parte va lo stesso, meglio che stare fermi no? Se un amico non telefona lo chiamo io, tanto ho i minuti illimitati e un bisogno disperato sempre di condivisione. Se nessuno si accorge dei miei pensieri, li urlo o li scrivo, e se non ve ne frega un tubo, bè anche a me non frega davvero niente di molte stronzate che leggo, ma le leggo lo stesso. Se il libro non trova il coraggio, inizierò da un racconto e poi magari una cosa tira l’altra. Sì perché di aspettare mi sono stancata prima di iniziare. E adesso colli alza il culo che su sta panchina sembri una di quelle vecchiette che vanno al centro commerciale perché non sanno cosa fare oppure perché c’è caldo d’inverno e l’aria condizionata d’estate. Ci ripensiamo tra qualche anno va. Che acida lo sei già ma alla terza età mancano ancora una ventina d’anni. E che a star seduta ti diventa pure molle il lato B. E non sia mai detto. Aspettate voi se volete, io non ho tempo….

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Voglia

Ho voglia del mare, della sabbia, della salsedine da leccare sulla pelle. Ho voglia di un gelato enorme, cioccolato nero fondente e panna montata, di quelli che ti sporchi per forza, che se non succede vuol dire che non te lo sei goduto a fondo. Ho voglia di ballare tre quattro ore a piedi nudi, di cantare stonatissimamente e di mandare a quel paese tutti quelli che si fanno i fatti miei invece di guardare dentro alla loro di vita. Ho voglia di farmi un tatuaggio sulla mano e uno sotto la pianta del piede, con la scritta massaggiami che non c’è nulla di più figo di una lunghissimo massaggio ai piedi. Ho voglia di correre, fare ore di allenamento funzionale, sudare come una matta e poi la doccia bollente che esci rossa rossa nel fumo della stanza. Ho voglia di cappuccio e brioche serviti a letto ora su uno di quei vassoi delle foto con tanto di rosa e spremuta, e non per farci uno stupido selfie, ma per sentirmi la più figa del mondo. Se una si sveglia alle sei con ste voglie, mi spiegate voi come può poi la giornata andare via liscia? Buon martedì che almeno non è lunedì. 

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My town 

Sono cresciuta in una piccola città di Provincia. Con una bella storia alle spalle, momenti gloriosi, ruoli significativi. Una città carina, non fosse per il nome che un po’ la penalizza, con le sue belle chiese, un teatro dalla facciata elegante, una pianta regolare. Nè troppo piccola nè troppo grande. Una città con una stazione ben servita, che poi i treni siano sempre in ritardo bè è un altro problema, le linee ci sono e non poche. Una città insomma con tutto quel che serve, scuole, banche, ufficio postale, ospedale, farmacie, palestra, bar….e soprattutto immersa in una natura unica, tra le risaie e il Rosa, che riempiono gli occhi e non stancano mai. Una città vitale, che ho addosso anche nel cognome, un cognome proprio locale, che non lascia adito a dubbi sulla mia autoctonia. Eppure io in questa città mi sono sempre sentita un pesce fuor d’acqua. Una che ci vive ma non ci appartiene. Una che sì si occupa di storia locale, ne scrive, ne parla, ma un po’ sempre come se ne fosse aliena. Ho provato ad andarmene. Più volte. Ma il mio cuore vive qui e senza di lui non so neanche respirare. Ho provato ad integrarmi il più possibile, massima disponibilità a tutti, senza chiedere mai nulla in cambio, ho tentato di creare qualche cosa di bello, mettendo al servizio della mia città quella che credo sia la mia unica vocazione, quella per la storia, l’arte, la cultura insomma. Ma nel limbo sono rimasta. E a questo punto getto la spugna. Chi ha bisogno di me sa che dico sempre sì, anche a costo di incasinarmi e di stancarmi oltre misura. Per il resto, non ci provo più. Perché anche il più testardo degli amanti a un certo punto di stanca di prendere due di picche. 

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Istinto

Una vita a sentirsi inadeguata. Che gli altri sembravano tutti dei fenomeni. E forse lo erano. Poi arrivi a un punto che insomma anche se sono inadeguata non importa. Anche se non sono alta, furba e smaliziata amen. Anche se l’età toglie tonicità al corpo ne regala al cervello in fondo. E nulla è più appagante della serenità che ti danno i 40. Non devi più dimostrare nulla. Hai partorito con dolore due volte e cooperato alla continuazione della specie. Hai provato l’ebrezza della lista nozze e della scelta del bouquet. Ti sei laureata e cambiato lavori come l’acconciatura dei capelli. Hai cercato di non combinare stronzate e alla fine le hai fatte lo stesso. Hai provato a evadere ma il destino ti ha portato sempre al punto di partenza. Che alla fine non è niente male. Per questo non ho più paura di essere quello che sono e di seguire solo una indicazione. Quella del mio istinto. Che per inciso sbaglia sempre. 😉

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A volte ritornano

Ok ripartiamo. E con le migliori intenzioni. In ritardo. Carote bruciate che preparare il pasto serale al mattino richiede un upgrade nel ruolo di wonder woman che non ho ancora ottenuto. Per cui finestre spalancate e i pinguini Madagascar che fanno colazione coi miei figli. Oggi tacchi. Che tre settimane senza sono un’astinenza che neanche quella da cioccolato in quaresima. Prendi le calze di intimissimi. Linea nuova. 9 euro e rotti e dovrebbero durare mesi. Io ne rompo due paia infilandole la prima volta. Con 5 euro ne comperavo due paia al mercato e i restanti mi facevo delle birre che era meglio. Ok vestita. Meglio evitare lo specchio oggi che in preciclo ho le occhiaie di Crudelia Demon. E ovvio accade. Suona il telefono. Non rispondi. Suona di nuovo. Viva voce e intanto ti trucchi. E nell’ordine cadono per terra matita, spuntata, ombretto e lei, la terra, che infrangibile non potrebbero farla? Ecco a questo punto direi che sono davvero pronta a ripartire. Che se tutto andasse liscio non sarebbe la mia vita. Tacco 12, riccio spettinato perché non lo pettino, rossetto rosso che dopo i 40 diventa un’esigenza. Buongiorno miei cari, vi sono mancata?

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Appassiti

Che fine fanno le storie finite? Voglio dire gli amori passati o appassiti? Fossimo dei computer basterebbe resettare e non ci sarebbero più. Ma per fortuna non siamo macchine. E i baci gli abbracci le coccole il sesso le lenzuola il sudore restano lì. Anche se la storia è di anni fa. Anche se ora siamo felici e appagati. Anche se incontrarlo non ci da più un brivido e anzi ci frequentiamo coi rispettivi partner. Eppure qualche cosa resta lì. Attaccato. Comunque. Se è stato amore lo sarà per sempre e guardarsi fisso negli occhi sarà impossibile. Qualcosa di non detto resterà sempre. Lì in quell’angolo di cuore con fuori l’insegna “vecchi amori”. Ecco forse non fanno nessuna fine. Gli amori di un tempo voglio dire. Sono per sempre. Perché l’amore non passa. Si trasforma. E due che si sono voluti bene, se nulla di tragico è successo, saranno legati per sempre. Con buona pace di che è geloso degli ex. 

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Vale

San Valentino. Mai visti tanti ti amo, fiori, cuori, poesie da cartiglio perugina, baci, come in questo giorno. Fantastico. Sì perché in un mondo dove il telegiornale riporta solo violenza cattiveria sotterfugi politici, insomma lo schifo più assoluto, una giornata dedicata all’amore è bellissima. Anche se è commerciale. E allora? Dedichiamo la fine di ottobre a delle zucche intagliate e a delle maschere lontane anni luce dalla nostra tradizione, e ci scandalizziamo perché San Valentino é una festa commerciale. Che poi data la situazione della nostra economia ben venga una scusa per far girare un po’ di denaro. Ecco viva San Valentino. Anche se leggo che molti scrivono che é solo apparenza, falsità, che siamo tutti cornuti. A parte che spero non sia così, mi chiedo e allora? Se si può anche fingere un giorno l’amore non è comunque un giorno strappato ai brutti pensieri? Io credo che l’amore o l’affetto o l’amicizia, insomma i bei sentimenti che ci rendono animali sociali, siano un ottimo analgesico per tutte le difficoltà della vita. E tutto sommato possiamo rimandare a domani i casini che ogni giorno ci assillano. E per oggi essere peace and love. Guardare Colazione da Tiffany. Strafogarci di dolci coccolosi. Comprarci dei fiori se non abbiamo un partner. E anche un paio di scarpe a farci sentire irresistibili. Ascoltare solo compilation mielose. Spegnere la TV e le brutte notizie, tanto domani saranno ancora lì. E amarci. Perché non ci sarà mai San Valentino più bello di quello che dedicheremo a noi stessi. ❤