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Ranin 

Finalmente sono l’incarnazione del personaggio fiabesco che ho sempre adorato. No non è la Bella Addormentata, quella ha un culo così che senza fare nulla arriva il figo a cavallo che la sveglia dall’incantesimo. Troppo gatta morta. No non è Cenerentola, io sono un nano già di mio, due personaggi in una fiaba sono troppi. Non è neanche il gatto con gli stivali, troppo furbo e scaltro, io sono notoriamente ciula. E neanche Pollicino, anche se la sua tendenza a lasciare indietro pezzi a segnare la via ha tanto di simile con il mio tentativo di tenere accesi legami ormai morti. Il personaggio che oggi vedo quando mi guardo allo specchio è la rana dalla bocca larga. Ve la ricordate? Una spacca marroni di prima categoria. Una che i fatti suoi mai. Una che deve capire indagare sapere. E così rischia sempre una brutta fine. Fino a una settimana fa avevo solo la bocca larga. Ora, dopo il mio giretto in sala operatoria, ho pure la panciotta e le gambette sottili sottili. Un ranin. Rompicoglioni. Non ho avuto bisogno della reincarnazione induista. Che culo, vero? Comunque in questa mia nuova veste a metà tra rana della bocca larga e grillo parlante (altro spacca balle bacchettone di prima categoria) volevo ringraziare quelle anime pietose (parenti esclusi, cui ho già garantito un posto in paradiso) che hanno raccolto le mie pare di questa settimana. E che nonostante la litania, hanno continuato a messaggiare, telefonare, coccolare con la voce e la loro presenza. 

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Fisico bestiale 

Caro corpo, sì sì lo so che non hai neanche voglia di ascoltarmi ma, per favore, solo due parole. No no non voglio giustificarmi o chiedere scusa. Quello l’ho fatto mille volte e vale meno dell’euro, lo so. Uffa, non scalpitare, non voglio neanche dirti non lo faccio più, perché i buoni propositi della colli sono come bolle nel vento. Ecco se mi ascolti volevo semplicemente dirti che ho capito. Che hai vinto tu. Che non si può sempre tirare la corda, usare il proprio corpo come luogo per mettere alla prova la propria forza di volontà, per sfogare le tensioni e le frustrazioni, per allinearsi a dei modelli che forse non ci appartengono. Hai fatto bene. Semaforo rosso e adesso male, riposo, arresti domiciliari. Tu vai ascoltato. Si sì. Ognuno di noi ha un organismo che parla una lingua diversa e dovremmo imparare ad ascoltarlo, non cercare di dominarlo con la mente, come facciamo con tutto. Quante volte mi hai detto “ho sonno” e io giù caffè che di dormire non avevo tempo? Quante volte ero sfinita ma la palestra non si salta mai, manca l’aria se no, e via di allenamenti. Quante volte aulin per il mal di testa, spasmomen per la colite, integratori per tenere il ritmo, probiotici per non ammalarsi, tachipirina che la febbre non sia mai…e invece tu volevi solo un letto e una copertina. Ti giuro fedeltà da ora in poi. Si lo so. Sarebbe meglio non giurare che una come me non sa tener fede alle promesse. Ma stavolta è stata tosta. E in futuro cercherò di coccolarti come il più prezioso degli amanti. Ciò che in effetti sei. Che se mi abbandoni, come ora, davvero il mio cervello serve a poco. Mens sana in corpore sano. Lo canta anche Luca Carboni. E, lo sai, io alle canzoni do sempre retta. Allora, facciamo pace???

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Palloncino

Eccolo qui l’amore. L’ho visto in piedi accanto a me in questi giorni. A soffrire della mia sofferenza. E io a cercare di nasconderlo, questo male, per non vederlo così dolente. Eccolo qui l’amore. Fatto di reciprocità, di sostegno, di empatia. Quello in cui ti sei mescolato il sangue e ora nelle vene vengono trasportati gli stessi brividi, gli stessi sogni, le stesse difficoltà. Eccolo qui l’amore. Un palloncino rosso che un volontario mi ha regalato, strappandomi un sorriso. Semplice ma non scontato. Come l’amore appunto. Come l’affetto di tanti messaggi. Come questa vita che più la vivo più mi piace…

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Elettrocardiogramma

L’amore non si può misurare. Ci pensavo questa mattina facendo l’elettrocardiogramma. Che in fondo ti racconta come batte il tuo cuore e dovrebbe dirti molto dei sentimenti. Invece no. Mi dicono che sono bradicardica. Che non è una brutta malattia ma solo il cuore che batte piano, e tutto sommato meglio così. Peccato che io invece lo senta battere spesso fortissimo. Su e giù come sulle montagne russe. Trascinato dalle emozioni che non so gestire. Accelerato e rallentato dai miei corsi e ricorsi. Messo alla prova dalla mia incapacità di farmi scivolare addosso. Io sono calcarea, non argillosa, tutto penetra, scava, rimodella, e il cuore lì, ad adattarsi di conseguenza. L’elettrocardiogramma ai sentimenti, questo sì non sarebbe male, con i cerottini anche sulle tempie perché i maggiori scompensi sono quelli dati dal conflitto fra testa e cuore. E allora sì che ne vedremmo davvero delle belle….

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Angelo

Ho conosciuto un uomo tanto anni fa. Aveva mani bellissime, affusolate, sottili, che muoveva mentre parlava con discrezione. Ogni volta che penso a lui mi vengono in mente le sue mani. Sarà perché con quelle sapeva disegnare, gioielli, paesaggi, ma soprattutto cavalli. Tracciava sul foglio con sicurezza questi splendidi animali, eleganti e potenti. Eleganti come lui, che aveva la rara dote di esserci senza apparire, di parlare senza urlare, di fare senza commentare. Usava le sue mani per intagliare il legno e se gli chiedevi spiegazioni ti raccontava storie e avventure con il sorriso sulle labbra. Sorrideva, sì sorrideva tanto, e il suo sorriso non era di convenienza o sforzato, era dolce, semplicemente dolce. Una sera d’estate mi aveva insegnato a ballare il valzer, io impacciata nei miei vent’anni rock, lui leggero e sicuro, su quella pista improvvisata in una terrazza di un paesino di montagna. Ho conosciuto un uomo tanti anni fa. E oggi, nel mio personalissimo giorno della memoria, rivivo il cammino percorso insieme e mi sento triste. Allungo la mano in cerca della sua ma la posso solo immaginare, lo chiamo ma l’eco della mia voce è la sola risposta. Eppure sorrido. Abbraccio i miei figli. Perché so che questo lo riempie di gioia. Ho conosciuto un uomo tanti anni fa. Lui, il nostro specialissimo angelo custode. 

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Scricchiolii

Sto invecchiando. Me ne rendo conto in questi giorni, mentre mi dedico allo sci, di sicuro una delle cose che più amo al mondo. E insomma il fisico non è più lo stesso. Per quanto allenata, mi stanco di più. E mi girano le palle a mille non crediate. Ma non perché non ho più vent’anni, chissenefrega, ne ho più del doppio e ho una vita alle spalle che mi ha reso molto più forte di quando ero giovane. No mi girano perché vorrei spaccare il mondo e invece il mondo spacca me. Perché se faccio un movimento brusco dopo una giornata di sci rischio il colpo della strega. Perché al mattino sono tutta un aiai con buona pace di mio marito che medita sempre più spesso di rottamarmi. E se non si muove non gli danno davvero niente per l’usato. E la cervicale. E il crampo. E mi scappa la pipì sulle piste. Che palle Lacolli! E poi apro Facebook e leggo frasi del tipo le quarantenni sono meglio delle ventenni. Ma siete fuori? Siamo più mature, ok. Più sicure, forse. Ma la carrozzeria care mie, per quando facciate tagliandi e migliorie, li ha tutti sti anni. E pure il motore. Per non parlare dei freni, inibitori, che ahimè ce li siamo giocati. Perdete in partenza se vi mettete sullo stesso piano. Meglio rassegnarci a rughe ed effetti della forza di gravità. E allenarci non per l’estetica, ma per evitare di sentire troppi scricchiolii alle giunture e tenere botta nelle attività sportive che ci piacciono. Questa è l’età del piacere consapevole, cibo, sesso, sport, relax. Se lo fate diventare una gara con voi stesse, mi spiace, ma avete perso in partenza 😉

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Passo a due

Ogni tanto la vita ti regala persone speciali. Ecco, quando capita, tenetevele strette. Senza assillo. Entrate nella loro vita in punta di piedi, come una ballerina, leggeri. Non siate invadenti, accentratori, autoreferenziali. Le persone speciali vanno coccolate con gli sguardi, amate con i piccoli gesti quotidiani, ricambiate con una presenza mai imposta. Godete di questo regalo. E pian piano imparate il loro ritmo, modulatelo sul vostro e danzate con loro sul palco della vita. In un passo a due che sarà tanto più bello quanto più libero. Le persone speciali sono quelle che vi salvano mentre voi salvate loro. Dalla noia, dalla routine, dall’ipocrisia, da voi stessi. E alla fine non può essere che standing ovation. 

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Apnea

Certi rapporti ti costringono a vivere in apnea. Non li respiri perché in fondo non sei te stesso. Sei l’immagine di ciò che credi piaccia all’altro. E così ti crei un te stesso parziale o alternativo, che si nutre dei suoi sorrisi e della sua approvazione. Puoi andare avanti anni, e come Gollum perdere per strada pezzi di stesso nella costruzione di un altro te. Oppure, un giorno, per caso, prendere una boccata d’aria. E accorgerti che sa di fresco e di pulito, che ti riempie di energia e ti fa sentire perfettamente a tuo agio. Perché non c’è nulla di più sbagliato che allontanarsi da sè fino a non riconoscersi più. Avete notato che quando piangete il respiro si tronca mentre una bella risata è per forza a pieni polmoni? Ecco. Respirate. Ridete. Vivete. Siate voi stessi e non permettete a nessuno di far sentire la vostra anima in gabbia. Abbiate la forza di prendere le distanze e di guardarvi con obiettività. Accettate le critiche. Fanno aprire gli occhi. Non è mai troppo tardi per iniziare a respirare….

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Lo stile secondo Lacolli 

Il mio articolo su stile e buon gusto su “Il Vaglio” appena uscito… 

“Parlare di moda oggi vuol dire avventurarsi in una giungla che include tutto e il contrario di tutto, in cui il buon gusto sembra lasciare il passo alla trasgressione e l’originalità è spesso confusa con l’eccesso, il kitsch, il facciamoci notare in un modo o nell’altro. Oggi la globalizzazione vale anche per la moda, in cui si mescola la scarpa Chanel, il jeans a vita alta anni ’80, il pellicciotto ecologico delle lotte animaliste anni ’90. Eppure ci sono stati anni in cui la moda era univoca e vi erano trend in e trend out, senza eccezioni alla regola. Ma cominciamo dalle basi, nel tentativo (volutamente ironico) di mettere un po’ di ordine nel significato e nel senso di moda. Il termine moda, inteso come foggia corrente nel vestire, come modo collettivo di vestirsi, nasce nel 1842 come traduzione dal francese mode, al posto di maniere e façon, per indicare uno specifico tipo di abbigliamento. Secondo il Dizionario Garzanti è “l’usanza più o meno mutevole che, diventando gusto prevalente, si impone nelle abitudini, nei modi di vivere, nelle forme del vestire”: in sostanza il gusto, che è una evidente espressione di un orientamento individuale (buono o cattivo che sia…), deve in ogni caso confrontarsi con un sistema di regolamentazione sociale che definisce ciò che in un dato periodo e luogo può essere considerato moda. E di moda può essere un prodotto, un servizio, un comportamento, che in un certo momento ha raggiunto un apprezzamento diffuso da parte di un determinato pubblico e in un determinato contesto geografico o socio-culturale. Se restringiamo il campo all’abbigliamento, l’inventore dell’alta moda è considerato un sarto inglese, Charles Frederick Worth, che lavorava a Parigi e che nel 1894 ebbe l’intuizione di presentare una collezione di vestiti indossata da modelli in carne ed ossa, di fronte ad un pubblico di clienti: la prima sfilata di moda. Il vestito divenne da quel momento un oggetto del desiderio, perché nell’acquistarlo si ricercava anche l’eleganza e il portamento che le modelle avevano durante le sfilate. Nasce così lo stile, diverso da sarto a sarto; e negli anni si affermano gli stilisti che ancora oggi sono considerati icone del buon gusto: Coco Chanel, Yves Saint Lauren, Paul Poiret. A partire dagli anni ‘50, poi, l’haute couture viene affiancata dal Prêt à porter, ovvero la moda prodotta in serie e a prezzi più accessibili; nello stesso tempo anche il pubblico più giovane viene coinvolto in questo sistema, prima inaccessibile per evidenti ragioni economiche. Ed è con gli anni Ottanta che si assiste ad una globalizzazione del mercato, dei consumi e dei prodotti, con il moltiplicarsi di stilisti, case di moda, trend e mercati, che negli anni, anzi nelle stagioni, si susseguono e si sostituiscono, in una babele che lascia spazio davvero a tutti. Oggi, poi, con internet e i mercati online, tenere il passo dei trend e di ciò che va di moda è davvero difficile. Sui social come Instagram spopolano i fashionblogger, ovvero modelli e modelle che propongono il loro stile, spesso sommando suggestioni di diverse case di moda, e nel tempo creano loro stessi linee che non sono quindi come in passato frutto della creatività di un sarto, ma di un gusto imposto e spesso facilmente imitabile. Diciamocela tutta, non sempre le immagini che si vedono rispondono al buon gusto, anzi si ha spesso l’idea di un puzzle mal composto di colori e forme, e solo in rari casi originale davvero e degno di acquisto o imitazione. Pertanto a mio parere è da preferirsi la buona vecchia rivista di moda, con le sfilate dei grandi, Armani, Versace, Dolce e Gabbana, Prada, Dior, Trussardi, Ralph Lauren, Lagerfeld, Kenzo….giusto per citarne alcuni. Fatte le opportune premesse teoriche, va detto però che possiamo avere addosso tutte le firme del mondo, ma se queste non vengono accompagnate da un minimo di attenzione alle regole del buon gusto saremo sempre e comunque fuori luogo. Vediamo dunque cosa evitare, prima per le donne e poi per gli uomini, con la opportuna premessa che l’elenco è assolutamente ridotto all’essenziale, partendo da due frasi di Coco Chanel, che ognuno dovrebbe ricordare a mo’ di comandamento “Se una donna è malvestita si nota l’abito. Se è vestita impeccabilmente si nota la donna” e “Prima di uscire, guardati allo specchio e leva qualcosa”. Ecco, detto questo, è scontato l’invito a indossare pochi gioielli, in inglese less is more: in caso contrario, l’effetto statua processionale della festa di paese è scontato e sgradevole. Evitare l’eccesso nello stile animalier: le ultime collezioni moda lo ripropongono spesso, ma indossare la maglia leopardata, il pantalone zebrato e le scarpe maculate è davvero troppo: potrebbe succedere che la maglia tenti di rincorrere il pantalone perché alla fine è nella sua natura di leopardo. Per questo attenzione anche al pizzo eccessivo, che non siamo manichini di una vetrina di Burano, e all’optical senza tregua, maglia a pois, gonna a righe, giacca a rombi, che la pop art lasciamola fare a Andy Warhol. No all’intimo in bella vista, così come è meglio evitare di mostrare troppa pelle, pance scoperte, mini eccessive, canotte striminzite, a maggior ragione se non si è filiformi: sempre Coco diceva che “una donna è più vicina ad essere nuda quando è ben vestita”. Attenzione ai leggings, comodi finchè volete, ma fuori dalla palestra un vero e proprio banco di prova per cellulite e buon gusto: no a quelli bianchi, mai, no all’abbinamento con maglie corte, che stanno bene solo a Gisele Bündchen, no a motivi floreali, decorati, cinesi, che non sono belli. Punto. E poi, capitolo calze, no al gambaletto, specialmente color carne, no al collant tinta carne che fa gamba di Barbie, no ai sandali con le calze e si prega però con pedicure, no ai collant eccessivamente lavorati, vedi al capitolo leggings. Molto ci sarebbe da aggiungere, coinvolgendo make up e capelli, ma urge dare un vademecum pure agli ometti. Basti ricordare che un look naturale è sempre il migliore e, per inciso, il più difficile da ottenere: ma vale la pena tentare per evitare il look carnevale dodici mesi l’anno. Per gli uomini, alcune indicazioni scontate ma non troppo. No ai calzini corti e bianchi, e di qualunque colore coi sandali, che sarebbero pure da evitare, con e senza calza: lasciamoli ai tedeschi, che hanno costruito un must have su questo. No alle infradito in città: il beach style tanto di moda negli ultimi anni non ci piace, soprattutto se abbinato a canottiera e pantalone a pinocchietto. E che dire del pantalone in Jersey con cavallo alle ginocchia abbinato nei migliori dei casi alla t-shirt con scollo a V? Che in caso di serata importante vede sopra una giacca nera lucida slim: il look della trasmissione “uomini e donne” va evitato, sempre e comunque, che l’appellativo di tamarro è lì dietro l’angolo. Il buon gusto vorrebbe sfuggire anche la camicia a maniche corte, tanto amata dal bicipite prestante tatuato, e il cinturone con fibbia, ora per fortuna un po’ in disuso, ma ancora in auge tra i più nostalgici di El Charro: a meno che non si abiti in un ranch del Colorado, il look Old Wild West è da evitare, stivali a punta compresi. Insopportabile, almeno per chi scrive, il marsupio o la tracolla, mai mai mai, lasciate le borse alle donne, anzi regalatene a loro, che non sono mai troppe. Infine una regola base: se non sapete cosa mettere, indossate un paio di jeans e una camicia a tinta unita, un passepartout facile e a risultato garantito. 

Per cui cosa va di moda? Cosa dobbiamo indossare? La risposta è come sempre nel motto latino In medio stat virtus, nella misura c’è la virtù, semplicità e magari un tocco di estrosità negli accessori, che risaltano su un abbigliamento moderato e consentono sicuramente qualche trasgressione in più. Poi, se volete strafare, ecco alcuni must have che alleggeriscono il portafoglio,ma esaltano il gusto. Il Trench di Burberry, lo Smoking di Yves Saint Lauren, la Kelly di Hermès, la décolleté di Louboutin, i Ray Ban, il tubino nero di Chanel. 

Perché la moda passa, lo stile resta.

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Puzzle 

Ci sono vuoti che cerchiamo di colmare con impegni, interessi, agende che scoppiano di appuntamenti. Eppure quella voragine interiore non si chiude, anzi sembra diventare sempre più grande. Perchè ogni cosa che infileremo nel buco dell’anima per illuderci che questo ci faccia sentire meno la mancanza, in realtà riuscirà a scavare ancora di più nel profondo. E, in quella rara pausa che questo turbinio di impegni ci lascerà, quella persona ci mancherà ancora di più. Perchè è solo lei che può colmare il vuoto, come il pezzo del puzzle che non troviamo più e che completa il paesaggio del nostro cuore. Il resto è solo vuoto che riempie il vuoto.